Il consiglio: meglio non smantellare i seggi, dopo il voto di primavera per le europee; le urne potrebbero ancora servire, perché il rischio di elezioni anticipate è in Italia «significativo». La previsione: nel 2019 il Pil tricolore non andrà oltre una crescita compresa tra lo 0 e lo 0,50%. Se non proprio recessione, stagnazione. Moody's infila gli occhiali scuri, in attesa di emettere in marzo la valutazione sulla nostra affidabilità finanziaria. Il rating tricolore non sembra correre il pericolo di un nuovo taglio, dopo quello subìto lo scorso ottobre (a «Baa3»), ma l'agenzia Usa mette in guardia dalle ripercussioni che potrebbero derivare da provvedimenti di politica economica insufficienti e da un impianto complessivo della manovra ancora carente sotto il profilo delle riforme strutturali.
Il punto viene fatto da Kathrin Muehlbronner, senior vice president e lead analyst per l'Italia di Moody's, a margine della Credit Trends Conference. Il lead è la robusta revisione al ribasso delle stime sull'espansione per l'anno in corso, fissate lo scorso novembre a +1,3%. Se il rallentamento della congiuntura globale ha inciso sulla revisione, allargando la forbice rispetto al +1% prospettato dal governo, a pesare è stato anche il fatto che «le misure di riforma sono state rimandate, e questo non è positivo». Invece, occorrerebbe mettere le mani sugli ingranaggi che regolano il mercato del lavoro, la competitività, il sistema giudiziario: l'Italia «ne ha bisogno da molto tempo», spiega Muehlbronner. Moody's, però, non butta via tutto ciò che finora ha approvato l'esecutivo giallo-verde. Viene per esempio salvata la semplificazione fiscale voluta dalla Lega e il piano di investimenti pubblici, mentre la riforma delle pensioni è vista negativamente. In ogni caso, «non c'è nulla nel programma di governo che modifichi le prospettive di crescita».
In prospettiva, poi, la situazione potrebbe peggiorare. Soprattutto se il voto europeo dovesse cambiare gli attuali equilibri interni alla maggioranza. A quel punto, spiega l'economista dell'agenzia di rating, si presenterebbe «un significativo rischio di elezioni anticipate in Italia». Tornare alle urne non sarebbe indolore: l'instabilità potrebbe di nuovo spingere verso l'alto lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi (ieri in risalita a 270 punti, con i rendimenti decennali sopra il 2,80%), con ciò creando tensioni sulle prossime emissioni del Tesoro, allargando il disavanzo e il debito dello Stato. Moody's va al cuore del problema: «Non è chiaro cosa succederà al governo dopo le elezioni europee» e, anche da un punto di vista di mercato, la situazione resta nebulosa perché «gli investitori fanno fatica a prezzare il rischio politico, quindi stanno a guardare e in parte questo è quello che abbiamo visto a settembre». Potrebbe esserci bisogno di formare una nuova coalizione governativa, se non emergesse una maggioranza netta, «cosa che porterebbe nuova incertezza». Magari proprio nel momento in cui il ciclo economico si sarà ulteriormente indebolito. D'altra parte, malgrado le pulsioni sovraniste, l'Italia non vive in un regime di autarchia, ma è invece legata a filo doppio, in virtù del peso del nostro export, all'andamento economico mondiale. E in particolare allo stato di salute della Germania, verso la quale le esportazioni hanno sfiorato i 50 miliardi di euro tra gennaio e ottobre 2018, una cifra superiore all'intero 2017. Berlino ha per il momento scansato la recessione, visto che dopo il -0,2% del terzo trimestre ha segnato una crescita zero fra ottobre e dicembre.
L'encefalogramma piatto nel quarto trimestre, costato un +1,4% al Pil 2018 contro il 2,2% dell'anno prima, è però il sintomo di un Paese che sta soffrendo le trattative per la Brexit e soprattutto la guerra dei dazi tra Usa e Cina (grazie al Dragone il made in Germany ha incassato 86 miliardi). Anche se la Bundesbank afferma che l'economia tedesca è riuscita a «invertire il trend», sarà forse necessario l'intervento della Bce per aiutare la Germania. E anche l'Italia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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