Certo, non sarà il massimo della simpatia, ma almeno, va riconosciuto, Alessandro Di Battista è un vero signore. «Il modo in cui io campo con la mia famiglia sono cazzi miei, non so se sia chiaro, sono cazzi miei e soltanto miei il modo in cui mi guadagno da vivere». Non vogliamo fare i bigotti, le parolacce le diciamo tutti, ma almeno, caro «Dibba», ci risparmi le sue lezioncine di morale oltreoceano.
La dolcissima fidanzata Sahra, dimostrando una santa pazienza nel convivere con lui, gli regge il telefonino per i suoi video-story. Il pippone inizia con l'etica fasulla della restituzione della liquidazione da parlamentare, circa 43mila euro che si aggiungono ai 220mila euro di restituzione mensile come parlamentare. Di Battista risponde, «per la prima e ultima volta», alle critiche di chi ha definito il suo un gesto populista: «Se pensate sia così facile, fatelo anche voi, così vi faccio un bell'applauso. Siamo tutti bravi a giudicare le scelte degli altri quando non le si fanno». Faccina a schiaffi, espressioni compunte, replica stizzito a chi ha scritto che avrebbe in cantiere un altro libro con Mondadori: «Hanno scritto che prendevo 400mila euro con il contratto con Mondadori: non è vero. Tra l'altro, neanche Dan Brown prende cifre così per un libro». Su Dan Brown ha ragione. Lo scrittore più pagato al mondo, infatti, ha guadagnato 82 milioni di dollari solo tra maggio 2017 e maggio 2018. Lungi da noi paragonare Di Battista a Brown, è lui stesso a confermare i suoi guadagni con Mondadori: «Ho scritto due libri per Rizzoli (che oggi è di Mondadori, ndr) e ho guadagnato 50mila euro per questi due libri». Soldi, cioè, sborsati a Di Battista dalla famiglia Berlusconi che lui vede come il demonio. Se, dunque, la sua vacanza «di lavoro» in giro tra Stati Uniti, Messico e Guatemala, non l'ha pagata coi soldi da parlamentare, di certo se l'è pagata con quelli del Cavaliere. «Ora come campo? Ho firmato un contratto con Il Fatto Quotidiano e scrivo reportage». Perché Di Battista dice di fare il giornalista, anche se non lo è mai stato.
Se poi si fosse diffamato dalle notizie sul presunto contratto con Mondadori, avrebbe potuto querelare, invece non l'ha fatto.
«Quando ero parlamentare non mi andava tanto di querelare giornalisti perché è una cosa brutta un politico che querela un giornalista, anche se non è che ci abbiamo giornalisti qua, c'abbiamo personaggi politici che neanche hanno a che fare con il consenso, che fanno politica, non è che si occupano di libera informazione». All'inizio della sua sbroscia cita Andreotti dispiacendosene: «Una smentita è una notizia data due volte». Ecco perché faceva molto meglio a continuare a tacere, caro «Dibba».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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