«Dell'Isis a noi non interessa un bel niente. È un problema vostro. A noi - spiega la voce al telefono - interessano i 40mila musulmani di Milano senza una moschea ....L'Isis invece sono affari vostri». Al centro islamico di viale Jenner, la moschea milanese considerata in passato una filiale di Al Qaida fanno subito capire come la pensano. Per loro i massacri dell'Isis non sono un problema. E oggi di certo, non perderanno tempo a condannarli davanti ai fedeli.
Eppure per i buoni musulmani quella di oggi non è una ricorrenza come le altre. Oggi si celebra «Id al-nahr», la festa dello sgozzamento. Oggi le moschee sono piene come le chiese a Pasqua e Natale. E dal pulpito gli imam ricordano il Dio che fermò Abramo, pronto a sacrificare il figlio Ismaele, per fargli sgozzare un montone. Una festa durante la quale imam e predicatori non perdono l'occasione di consigliare i propri fedeli. Così alla vigilia di un «Id al nahr» segnato da decapitazioni e massacri Il Giornale ha chiesto ai responsabili di alcune comunità islamiche italiane se approfitteranno dell'odierno sermone per denunciare gli orrori del Califfato e chiedere ai fedeli di tenersene alla larga. Con risultati non sempre incoraggianti.
Izzedin Elzir, presidente dell'Ucoii (Unione delle comunità islamiche italiane) - la versione italiana della Fratellanza Musulmana - pur sottolineando l'importanza di una festa in cui si celebra «il rispetto e la sacralità della vita umana» ammette che «non ci addentreremo in discorsi politici».
Nelle moschee dell'Ucoii non si ascolteranno insomma prese di distanza dall'Isis o condanne esplicite del Califfato. Sull'argomento è sufficiente - a dar retta a Izzedin - il comunicato di condanna dell'Isis firmato dall'Ucoii settimane fa. «L'abbiamo già fatto e abbiamo chiesto agli imam di condannare in maniera chiara.....questa è una festa in cui si parla di etica e morale, non di politica». Poi non pago s'addentra in una spiegazione perlomeno bizzarra. «Quelli dell'Isis non sono islamici, ma criminali, dunque non sono un problema dell'Islam. Altrimenti sarebbe come dire che le migliaia di delinquenti rinchiusi nelle prigioni italiane sono un problema dello Stato».
Tra i più convinti dell'inutilità di riflettere sulla minaccia dello stato islamico c'è Hamza Piccardo, il convertito di Imperia, già presidente e attuale dirigente dell'Ucoii. «Abbiamo chiesto ai nostri imam di dedicarvi qualche minuto già tre settimane fa, quindi non credo sia il caso di continuare a parlarne... ne parlate già abbastanza voi giornalisti... non possiamo diventare paranoici».
Un po' sofferta, ma sicuramente più netta la presa di distanza dello scrittore indiano Zahoor Ahmad Zargoor, presidente della Comunità Islamica della Liguria. «Non devo aspettare una festa per condannare chi commette crimini contro l'umanità. Non potete metterci sempre sul banco degli imputati anche in casi che non ci riguardano o contro cui abbiamo già manifestato in passato. Siamo contro il terrorismo, ma non possiamo scendere in piazza in ogni occasione». Un inatteso barlume di disponibilità e riflessione arriva invece dall'Imam del centro Rahman di Segrate, la moschea alla periferia di Milano finita in passato nel mirino dell'antiterrorismo. Ali Abu Shwaima, un giordano spesso accusato di estremismo, stavolta non esita a condannare. «Durante questa festa spiegheremo che l'immagine vera dell'Islam è quella di una religione di pace e dialogo e diremo ai fratelli di stare attenti a chi sostiene di parlare nel nome dell'Islam ma invece predica l'estremismo».
Segnali incoraggianti anche da Verona dove l'algerino Mohammed Guerfi presidente del Consiglio Islamico cittadino sottolinea che la condanna dell'Isis «deve essere netta e chiara...lo abbiamo ribadito già nelle preghiere del venerdì e lo ribadiremo durante la preghiera del sacrificio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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