Parisi sta provocando un terremoto sia in Forza Italia sia tra gli alleati storici. Tuttavia, nelle prossime ore, sarà lo stesso manager a tentare di rassicurare gli azzurri, molti dei quali preoccupati del loro destino. «Non sono né un commissario né un coordinatore», dovrebbe più o meno dire Mister Chili che ha già in agenda un incontro con tutti i coordinatori regionali forzisti all'inizio della prossima settimana. Dieci responsabili azzurri lunedì e gli altri dieci martedì: con ognuno un faccia a faccia di un'ora. Il tema sarà quello per cui Parisi ha ricevuto l'incarico da Berlusconi: parlare del partito e di come risollevarlo per riportarlo agli antichi fasti. È la famosa due diligence: condizione necessaria per recuperare i consensi persi negli ultimi anni. Il passo successivo sarà quello di parlare di programmi con la necessaria siringata di gente nuova e credibile. Il fine ultimo è quello di mettere nero su bianco un programma di sei/dieci punti per il rilancio di Forza Italia e di tutta l'area dei moderati. Il piano verrà poi portato ad Arcore e il Cavaliere lo valuterà. Non solo: a dimostrazione che Berlusconi tiene ancora al partito e non lo considera una sorta di bad company, il progetto di Parisi verrà portato in ufficio di presidenza di Forza Italia per la discussione e il voto finale. Insomma, Parisi cercherà di rasserenare gli animi degli azzurri più turbati dal suo ruolo: non un rottamatore ma più che altro un consulente esterno. Anche se, va detto, per Parisi (ma anche per Berlusconi) nel partito c'è molto da svecchiare. Forza Italia ha bisogno di gente nuova e credibile e Parisi ha pure il compito di far da calamita per le nuove leve moderate. Berlusconi lo ha detto più volte e lo ripete: «Io di una Forza Italia al 12,5% non me ne faccio nulla. Dobbiamo riportare il partito al 25% e fare in modo che torni ad essere forza di governo».
Resta da sciogliere il nodo alleanze con gli alleati storici che arricciano il naso: Salvini ripete che se Parisi apre ai centristi di Alfano lui non sarà della partita. Concetto, questo, ribadito anche ieri via Twitter attraverso un sondaggio per aizzare i suoi: «Cosa pensate di Parisi e della proposta di ricostruire un centrodestra con Alfano, Verdini, Fini, Casini, Passera e compagnia?». Ovvie le bordate di fischi e buuu dei militanti. Pure la Meloni è scettica: «Parisi è funzionale ad un governo Renzi bis in caso di vittoria del No al referendum? Certamente un governo di unità nazionale non avrà i nostri voti», avverte la leader di Fratelli d'Italia. Che poi sentenzia: «Basta ammucchiate: non siamo disponibili e non lo sono più i cittadini».
Chi brinda all'operazione Parisi è invece Alfano alle prese con le eterne fibrillazioni interne. Ha riunito Ncd in conclave e lanciato la proposta di un intergruppo parlamentare che comprenda tutti quelli che sono per il «Sì» al referendum d'autunno ma non del Pd; inclusi, ovviamente, i verdiniani. E su Parisi ha ribadito di guardare con attenzione alle sue mosse e alla possibilità che possa nascere in futuro un polo dei moderati. «È un bene - ha detto Alfano - che da Forza Italia sia venuto un alt ai lepenisti».
Ma un big di Ncd come Renato Schifani, da poco dimessosi da capogruppo al Senato, picchia duro su Angelino: «Berlusconi e Forza Italia non sono più un tabù? Bene; anche se che questa riscoperta sarebbe stata più credibile qualora all'appuntamento del referendum costituzionale il Nuovo centrodestra fosse giunto con un sostegno esterno rispetto all'esecutivo e quindi attraverso un graduale sganciamento dalla collaborazione con il Pd».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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