Nasce il governo Renzi-Verdini con la benedizione di Re Giorgio

Con 173 sì e 71 no passa il ddl Cirinnà. Napolitano: «I voti di Ala solo aggiuntivi» Il premier esulta: «Se andrò a casa per i diritti, sarà a testa alta. Ha vinto l'amore»

Nasce il governo Renzi-Verdini con la benedizione di Re Giorgio

Dopo due anni di via crucis, ostruzionismi e guerriglie procedurali, la fiducia sulla legge per le unioni civili passa in un amen e a larga maggioranza: 173 sì contro 71 no. Non hanno partecipato al voto Sel e i grillini, che non sapevano che pesci prendere tra merito (in pratica il matrimonio gay) e metodo (la fiducia al governo dell'odiato Renzi). Vota sì tra mille capriole e mal di pancia il Ncd di Angelino Alfano, costretto a dar via libera a quel che aveva giurato, corteggiando il Family Day, di ostacolare perinde ac cadaver.E vota sì con sincero entusiasmo il gruppo Ala di Denis Verdini, che per la prima volta dà la fiducia al governo, sancendo il proprio ingresso nella maggioranza. In aula lo annuncia il capogruppo Lucio Barani, garofano rosso socialista all'occhiello e un assorto Verdini seduto accanto: parla di «spartiacque storico», di «Rubicone dei diritti civili dopo 30 anni di battaglie inutili e speranze deluse». Definisce la legge Cirinnà «un atto di civiltà che sana un vulnus tra società e parlamento». Spiega che, fosse stato per Ala (sottinteso: e non per quel baciapile di Alfano), ci sarebbero state anche le adozioni. «La fiducia è un atto molto impegnativo, ma occorre assumersi la responsabilità, senza chiedere nulla in cambio: c'è il rischio che senza i nostri voti non passi, come fu per la riforma costituzionale». Tecnicamente, il rischio non c'era: visti i numeri, la maggioranza richiesta era di 123 voti, e senza i 18 verdiniani la maggioranza ne aveva 155. Ma la maggioranza assoluta di 161 (viste anche le defezioni dei cattolici fondamentalisti di Ncd e di un paio di senatori Pd per ragioni opposte) non ci sarebbe stata.Politicamente, comunque, il voto pesa. Forza Italia chiede una verifica al Quirinale per il governo, e nel Pd in diversi, dalla minoranza, si indignano: «Così cambia la maggioranza, e cambia anche la natura del Pd - dice Ugo Sposetti - non pensavo che avrei concluso così la mia carriera». A zittirlo, però, ci pensa nientemeno che il suo leader da sempre, Giorgio Napolitano. Il presidente emerito vota la fiducia, dice che «è finita bene» e a chi gli chiede se sia necessario un passaggio del premier al Colle replica ironico: «Un passaggio? Caso mai una passeggiata». Poi spiega (chissà se anticipando anche il pensiero dell'attuale inquilino del Quirinale Mattarella): «È importante che la maggioranza sia rimasta insieme. I voti di Verdini sono stati aggiuntivi e non sostitutivi». Sulla stessa linea anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando: «Non è un voto che di per sé certifica l'entrata in maggioranza».Il Pd butta acqua sul caso, per evitare che le solite polemiche interne oscurino quello che Matteo Renzi giudica «una giornata storica». Così, a Verdini che sottolinea che «era giusto che una legge così importante fosse approvata dalla maggioranza assoluta, e noi l'abbiamo garantita», replica subito il Pd Claudio Martini. «Ala non è stata determinante, anche se le opposizioni avessero votato compatte contro avremmo avuto un margine abbondante». E sottolinea che ieri, alla maggioranza, mancavano dodici voti che ordinariamente ci sono. La minoranza Pd medita come riaprire lo scontro per accusare Renzi di volere il «partito della nazione», ma intanto si limita a borbottare.

Renzi però incassa il suo personale trionfo: «Abbiamo legato la permanenza in vita del governo a una battaglia per i diritti, mettendo la fiducia. Se andrò a casa per i diritti, sarà a testa alta. Quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli. Ha vinto il coraggio contro la discriminazione. Ha vinto l'amore».

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