Negozi chiusi la domenica. La manovra vola: 40 miliardi

M5s e Lega vietano le aperture per legge. Cresce l'entità del Def: dieci miliardi per il reddito di cittadinanza

Negozi chiusi la domenica. La manovra vola: 40 miliardi

Obbligo di chiusura domenicale per quasi tutti i negozi. Marcia indietro sulle liberalizzazioni delle aperture. Uno dei cavalli di battaglia del M5s e della Lega sta per diventare legge. Il partito di Matteo Salvini ha incardinato in commissione Attività produttive della Camera la proposta di Barbara Saltamartini che impone la chiusura domenicale dei negozi, cancellando la liberalizzazione introdotta dal governo Monti. Insieme a quella del Carroccio, altre quattro proposte di legge dello stesso tenore, una dei 5 stelle, una del Pd e una di iniziativa popolare.

La proposta targata Lega è la più rigida e mira ad eliminare la possibilità di aperture domenicali, salvo rare e ben specificate eccezioni. In pratica solo le località turistiche e di montagna e di quelli balneari.

L'obiettivo è salvaguardare i piccoli negozi. La proposta di legge dei 5 stelle, a prima firma Davide Crippa, ha come obiettivo quello di ripristinare le chiusure domenicali, riaffidando alle Regioni la competenza in materia.

La proposta targata Pd, a prima firma Gianluca Benamati. Per dodici giorni festivi l'anno gli esercizi commerciali devono rispettare orari di apertura e chiusura domenicale e festiva. Viene però consentito a ciascun esercente di vendita al dettaglio di derogare all'obbligo di chiusura fino ad un massimo di sei giorni. Un quadro complesso.

Adesso partiranno le audizioni e quindi saranno ascoltate le categorie interessate. Per ora, a favore ci sono i sindacati. Favorevole la Cgil, mentre la Cisl vorrebbe che la decisione fosse subordinata al dialogo con parti sociali e Regioni.

Intanto il cantiere della manovra entra nel vivo del capitolo più impegnativo, quello delle coperture. Ieri al secondo vertice di governo sono state definite le cifre necessarie a varare le misure di bandiera di M5s e Lega.

Il reddito di cittadinanza costerà 10 miliardi rispetto ai 17 previsti. Gli sgravi fiscali fino a 15 miliardi. La formula è quella del regime fiscale agevolato a tre aliquote per partite Iva e le start up.

Solo queste due misure farebbero salire il conto oltre le previsioni. Se si considera che servono 12,5 miliardi per disinnescare le clausole di salvaguardia, e quindi gli aumenti dell'Iva, più altre spese obbligatorie, alla fine la manovra dovrebbe superare i 40 miliardi di euro.

Le misure fiscali potrebbero slittare o essere realizzate gradualmente. Stesso destino per la riforma della legge Fornero che potrebbe essere graduale. «Noi siamo ambiziosissimi, confermiamo tutto il nostro programma. Abbiamo fatto delle promesse agli italiani e siamo qui per mantenerle; chiaramente vorremmo raggiungere il 100%, ma sarà una percentuale molto alta e in ogni caso il 100% lo raggiungeremo nel corso di questa legislatura», ha specificato Conte, confermando che alcune misure saranno spalmate nella durata di tutta la legislatura.

Il conto della manovra renderà complicato il dialogo con la Commissione europea, che negli ultimi tempi sembrava ben disposta verso l'Italia, grazie alle rassicurazioni del ministro dell'Economia Giovanni Tria.

Oggi al vertice informale dei ministri dell'economia dell'area euro e domani sul tavolo dei 27, il ministro avrà incontri separati con il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici e con il vicepresidente responsabile per l'euro, Valdis Dombrovskis. Il presidente Jean Claude Juncker, si è detto «rassicurato». Ma l'esecutivo europeo non darà un giudizio fino a quando non ci sarà la nota di aggiornamento del Def e l'entità della manovra.

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