Un'emorragia di posti di lavoro che inizia oggi e una prossima ventura. Il progetto di legge sostenuto dal M5s che pone limiti alle aperture domenicali (un massimo di 12 giorni festivi l'anno per ciascuna attività commerciale e un tetto del 25% degli esercizi per ogni categoria commerciale) porterebbe a un drastico taglio di posti di lavoro. Secondo Confimprese, se il provvedimento passasse, il settore commerciale perderebbe il 10 per cento del fatturato e 400mila posti di lavoro.
Una catastrofe potenziale che si andrebbe a sommare a un'altra già certa, messa nero su bianco in una tabella della Ragioneria generale dello Stato a corredo del decreto dignità, pubblicato ieri nella Gazzetta Ufficiale. La stretta sui contratti a termine ci sarà, pesantissima per le aziende. Il beneficio quindi la trasformazione dei contratti a termine in rapporti di lavoro a tempo indeterminato, non si sa.
Di certo ci sarà un altro effetto, pesante in questo caso per i lavoratori, cioè la perdita di 8.000 posti all'anno. Sono contratti di lavoro che scadranno quest'anno e che presumibilmente non saranno rinnovati perché è stato superato il tetto massimo di 24 mesi voluto dal ministro Luigi Di Maio. Quest'anno perderanno il lavoro tremila e 300 lavoratori con contratto in scadenza. Dal 2019 e fino al 2028 non saranno rinnovati 8.000 contratti a termine (con perdite per l'Inps in termini di versamenti previdenziali). Il calcolo si basa sui dati del ministero del Lavoro che ha stimato in circa due milioni il numero di contratti a termine attivati ogni anno. Il 4% superano il tetto dei 24 mesi e vanno quindi interrotti perché non esentati dalle regole entrate in vigore oggi. Sono circa 80mila e secondo il governo il 10% andrà perduto.
Il prezzo della «dignità», secondo l'interpretazione di Di Maio. Un errore clamoroso a giudizio delle opposizioni. «La vera emergenza del nostro Paese non è l'immigrazione, ma il lavoro che non c'è. Già nel nome questo provvedimento denota una cultura oscurantista, molto lontana dal nostro approccio e visione», ha commentato Mariastella Gelmini, presidente dei deputati di Forza Italia, intervenendo a ProssimaMente, la convention di Forza Italia in corso a Visciano (Napoli).
I pentastellati sono quindi sempre più schiacciati a sinistra. Anche sui voucher, che secondo il contratto di governo dovrebbero tornare, ma che sono stati bloccati dallo stesso ministro del Lavoro Di Maio. Ieri i sindacati hanno annunciato battaglia. In prima fila la Cgil, che con la minaccia del referendum aveva indotto il governo Gentiloni a cancellarli. «Noi - ha spiegato la segretaria generale Susanna Camusso - abbiamo raccolto le firme qualcuno ha impedito che si andasse al voto. Se al voto ci fossimo andati probabilmente non saremmo in questa situazione». Se verranno reintrodotti il primo sindacato italiano riproporrà il referendum abrogativo.
Una prospettiva pessima per il governo, perché il voto farebbe emergere le profonde differenze tra i due partiti della maggioranza. La Lega più a favore delle imprese e dei professionisti, il M5s nel solco della sinistra. Tant'è che i sindacati guardano con intesse alla proposta del sottosegretario allo Sviluppo economico Davide Crippa (M5s) per limitare il lavoro al 25% dei giorni festivi.
Se, come probabile, diventerà una proposta ufficiale del governo, i sindacati si ritroveranno ancora una volta a fianco del M5s in una misura che penalizza le aziende. E, di nuovo, il Partito democratico sarà tentato dall'appoggiare una misura del governo.
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