Tradizionale lunedì in famiglia per Silvio Berlusconi che non manca, però, di mettere la testa sui prossimi dossier politici. Assieme ai fedelissimi ragiona così: «Renzi tentenna. Mi ascolti, faccia proprie le nostre ricette per il bene del Paese e andrà avanti. Altrimenti sarà pantano». Questo il senso dei ragionamenti che si fanno ad Arcore, per nulla ottimisti sull'autunno alle porte. A Berlusconi sono in tanti a dire che la ragioneria dello Stato ha fatto i conti. E i conti non tornano. Mancano dai venti ai trenta miliardi e l'ipotesi di mettere ancora una volta le mani nelle tasche degli italiani è da incubo: più si tassa più si deprime l'economia, più i conti rimarranno in rosso. Una spirale negativa che per il Cavaliere va interrotta con misure choc e non con i pannicelli caldi che sta preparando il governo.
Riforma della giustizia, riforma della scuola ma soprattutto l'atteso decreto «sblocca Italia», al centro del Consiglio dei ministri di venerdì: Berlusconi teme che arriveranno pigolii mentre al Paese servono ruggiti. Si parla di far ripartire alcune opere pubbliche imbullonate da lacci e lacciuoli burocratici. Bene ma non basta. Serve una sferzata su due fronti: taglio drastico delle tasse e aggressione al debito pubblico. A questo proposito sul tavolo c'è già la proposta del presidente della commissione Finanze del Senato, Daniele Capezzone. Il quale ha immaginato i seguenti campi di intervento: per le imprese, dimezzamento dell'Irap che costa 24 miliardi nei primi 2 anni; e poi riduzione dell'aliquota Ires dal 27,5 al 23% nei successivi 3 anni. Costa 6 miliardi nei successivi 3 anni. Per i lavoratori, 10 miliardi di tasse in meno sul lavoro. Per i consumatori, diminuzione di 2 punti dell'Iva in due anni. Costa 8 miliardi, a cui va aggiunta pure l'eliminazione dell'Imu sulla prima casa (4 miliardi). Le coperture? Eccole: tagli alla spesa corrente per 16 miliardi; tagli ai trasferimenti alle imprese per 6; tagli alle agevolazioni fiscali per 10 miliardi; tagli ai regimi Iva agevolati per 8. E ancora: vendita di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno.
Il timore di Berlusconi, tuttavia, è che per questioni ideologiche Renzi non accetterà di far proprie le ricette azzurre. «Forza Italia sarà leale», è persino arrivato a dire Renato Brunetta, uno che a Renzi non ha mai fatto sconti, pur di convincere il premier a prendere in considerazione l'agenda Berlusconi. È il tanto atteso «colpo d'ala» che Renzi - è il timore del Cavaliere - non avrà il coraggio di fare. Così, Berlusconi lo attende al varco senza farsi illusioni. E la fedelissima Mariastella Gelmini sintetizza così le forche caudine che aspettano il premier: «Se i giorni davanti al governo saranno mille o cento dipenderà in larga misura dal passo d'avvio: se Renzi saprà usare le forbici sulla spesa pubblica nella misura suggerita da Cottarelli e saprà mettere mano alle riforme strutturali allora potrà navigare in mare aperto. Diversamente, rischia di portare la barca sugli stessi scogli su cui sono naufragati Monti e Letta».
Riforme strutturali e quindi impopolari. E Gelmini manda lo stesso messaggio di Brunetta: «Se Renzi saprà applicarsi su questi temi (soprattutto mercato del lavoro, ndr ), lasciando da parte la propaganda e senza troppo curarsi delle inevitabili divisioni del suo partito, troverà in Fi un interlocutore attento e nient'affatto prevenuto verso l'esecutivo». Un mano tesa che non piace a tutti.
Il deputato Maurizio Bianconi, per esempio, non ci sta: «Brunetta dice che Fi sarà responsabile con Renzi, come lo fu quando Berlusconi fece il passo indietro. Ecco, Renato, sciolgo gli inni e faccio l'apologia dell'irresponsabilità e mi domando anche quale demone distruttore vi abbia contagiato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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