"Nel forno fumata anomala" L'imprenditore forse bruciato

Si cercano i resti dell'uomo negli altiforni dell'azienda La moglie: «Fratello e nipoti volevano eliminarlo»

"Nel forno fumata anomala" L'imprenditore forse bruciato

Gli altiforni della fonderia Bozzoli di Marcheno non bruciano più. Da sei giorni si possono toccare con mano, come si fa con un calorifero tiepido. Ciò che potrebbe essere rimasto all'interno, tra ottoni e bronzi liquefatti a 900 e passa gradi, lo stanno cercando gli uomini del Ris, insieme con l'anatomopatologa, nominata dalla Procura, Cristina Cattaneo.

A loro si è aggiunta Giovina Marina La Vecchia, esperta di metallurgia, docente all'Università di Brescia. È stata nominata come consulente di parte dalla famiglia dello scomparso, Mario Bozzoli, il proprietario della «ferriera», socio al cinquanta per cento col fratello maggiore Adelio. Un rapporto non idilliaco il loro, come già anticipato dal Giornale nei giorni scorsi. Adesso - rivela il settimanale Giallo - emergono particolari non trascurabili. Un racconto, quello fatto dalla moglie del «missing» ai carabinieri della stazione di Tavernole, che forse gli stessi investigatori hanno trascurato per troppe ore. Forse decisive. È una sorta di «j'accuse», magari proprio il primo tassello di questo macabro rompicapo i cui pezzi sembrano confondersi ogni giorno di più. «Voglio precisare che - denunciava Irene alle 7.30 di venerdì 9 ottobre - negli ultimi mesi la situazione in azienda era diventata molto tesa. A a causa del cambio generazionale ai vertici, si erano creati screzi con la famiglia del fratello e addirittura mio marito mi diceva di aver paura per i propri figli. Non solo. I timori erano legati anche alla situazione che viveva da tempo al lavoro, dove il fratello vietava agli operai di parlare con lui, di fatto ostracizzandolo e facendo valere maggiormente il suo cinquanta per cento di azioni nei confronti di Mario. Mio marito vedeva questa situazione come un affronto alla sua dignità e non ne parlava volentieri. Ma mi aveva detto di essere pronto a sporgere denuncia».

Poi un particolare, che visto col senno del poi, fa rabbrividire. Bozzoli quella sera telefonò alla moglie alle 19.11, dicendole: «Sono in ritardo, parto e arrivo». Avrebbero dovuto andare al ristorante ma lui non arrivò mai. Non vedendolo rincasare era andata in fonderia a cercarlo: «Mario non si trovava - ha verbalizzato - e parlando con gli operai ho saputo che avevano dovuto riavviare un sistema andato in errore causando una fumata anomala dal locale dei forni». Coincidenze? Difficile crederlo.

Considerando la piega presa dalle indagini (ieri ennesimo vertice tra inquirentio in Prefettura) si direbbe di no. Mario Bozzoli, ammettono investigatori e Procura, non risulta mai essere uscito dall'azienda. Probabilmente, si teme oggi, la sua tomba.

In quella stessa fabbrica, abita con la moglie cubana Alex, uno dei due figli del fratello «nemico». Se con lui ci fossero anche il papà Adelio e il fratello Giacomo non è dato sapere. Per ora non risultano indagati, ma a questo punto potrebbe essere solo questione di giorni, se non di ore.

Patrizia Scalvi, il legale nominato dalla moglie e dai due figli dell'imprenditore scomparso, nel frattempo, chiede agli esperti «di chiarirci come funziona il forno e se ci sia possibilità eventualmente di trovare qualche traccia qualora l'uomo sia stato eliminato tra le fiamme». La porta del forno è grande quanto quella di una casa. Si può aprire, e non dà direttamente sul fuoco, una sorta di cunicolo in discesa porta al «crogiulo». Un'ipotesi non peregrina. Ma il noir da domenica sera è raddoppiata. C'è un morto, stavolta trovato e identificato e soprattutto quasi di certo «collegato» a questa sciarada macabra.

Giuseppe Ghirardini, l'operaio che adorava «padron Mario», era congelato in un bosco di Ponte di Legno. Aveva detto di voler andare a caccia ma con sé non aveva gli attrezzi del mestiere. Tragica fatalità, suicidio, delitto? Forse sapeva, o aveva visto troppo. Si cerca una convergenza «parallela».

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