Nel nuovo Canale di Suez ora galleggia anche la paura

Il raddoppio dello storico tracciato è un grande successo politico del presidente Al-Sisi. Ma si temono atti terroristici

Nel nuovo Canale di Suez ora galleggia anche la paura

Da una parte l'orgoglio. Dall'altra la grande paura. Sulle due sponde del nuovo canale di Suez, inaugurato oggi alla presenza del presidente egiziano Abdel-Fattah El-Sisi e di capi di stato, dignitari e ministri convenuti dai quattro angoli del pianeta si specchiano e si mescolano i volti contrapposti di questa nuova grande opera. Quello più esibito oggi sarà sicuramente il volto dell'orgoglio.

L'orgoglio nazionalista e visionario di un presidente che - dopo aver strappato l'Egitto a Mohammed Morsi e ai Fratelli Musulmani - scommette su quest'opera simbolo per rilanciare il paese e cancellare la crisi economica ereditata dagli anni bui della «rivoluzione» e della parentesi islamista.

Un presidente che dodici mesi fa, davanti ad ingegneri e progettisti convinti di stupirlo con la promessa di una consegna in soli tre anni, batte il pugno sul tavolo e ordina «Non tre anni, ma solo uno».

Un anno dopo eccolo al fianco di Vladimir Putin, Francoise Hollande e tanti grandi della terra pronti a celebrare quella seconda corsia di 35 chilometri costata - assieme alle opere di allargamento e approfondimento dei 190 chilometri originari - qualcosa come 7 miliardi e mezzo di euro. Sette miliardi e mezzo destinati a trasformare il vecchio Canale in un autostrada marittima a doppio senso dove i tempi di transito si ridurranno da 18 a 11 ore mentre le entrate saliranno dai cinque miliardi e mezzo di dollari del 2014 fino ai 13 miliardi di dollari previsti per il 2023.

Se questi sono gli elementi, i numeri e l'essenza dell'orgoglio esibito sul versante del Canale dove in queste ore si rivive l'atmosfera dell'inaugurazione del 1869 sulla sponda opposta serpeggiano anche paura e inquietudine. Una paura che neppure le migliaia di soldati del Terzo corpo d'armata dispiegati lungo tutto il corso del Canale e le forze speciali e i poliziotti incaricati di vegliare sulle tribune riescono a dissipare. Una paura disegnata dalle cupe bandiere nere del Califfato che sventolano tra le sabbie e le dune di un Sinai diventato la roccaforte di Ansar Bait al-Maqdis, la spietata formazione terrorista che nel 2014 ha annunciato la propria adesione allo Stato Islamico. Una penisola del Sinai dove, ai primi di luglio, la città di Sheikh Zuweid, distante 245 chilometri da Suez, è stata messa a ferro e fuoco nel corso di un assalto prolungatosi per tre giorni e costato la vita a un centinaio di militari egiziani.

A far ancor più paura, rendendo ancor più tesa l'inaugurazione di quest'oggi, contribuiscono poi i timori di un possibile attacco dello Stato Islamico allo stesso Canale. La minaccia non può certo venir liquidata come un'ipotesi remota od infondata. Già ai primi di settembre 2013 uno dei gruppi armati attivi nel Sinai pubblicò su Youtube le immagini di un attacco a colpi di lanciarazzi anticarro ad una portacontainer cinese impegnata nell'attraversamento del canale. Ben più serio e preoccupante appare però l'attacco dello scorso 16 luglio quando un commando di miliziani dello Stato Islamico colpisce, utilizzando un missile terra nave lanciato dalle coste del Sinai, un'unità della Marina da guerra egiziana in navigazione a poco più di un miglio di distanza.

Un attacco che dimostra non solo come la qualità degli armamenti a disposizione della succursale locale del Califfato sia sempre più sofisticata, ma anche l' addestramento e le capacità dei suoi militanti. E a rendere ancor più impressionanti le immagini dell'attacco, diffuse in rete dallo Stato Islamico, s'aggiunge l'apparente mancanza di reazione da parte di un'unità navale mandata a perlustrare non un tratto di mare qualsiasi, ma le coste di una penisola dove battaglie ed attentati degli scorsi anni sono costati la vita a 340 militari, 160 civili e più di 1500 militanti islamisti.

D'altra parte quell'opera colossale - finanziata non da grandi gruppi stranieri, ma grazie alla vendita in soli 8 giorni di certificati azionari a centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori - è anche il miglior simbolo della fiducia nel presidente Sisi.

Un presidente che due anni dopo aver strappato il paese al presidente Muhammad Morsi e ai Fratelli Musulmani può rivendicare, nonostante una diffusa e preoccupante minaccia terroristica, la fiducia di un popolo dimostratosi pronto non solo a votarlo, ma anche a trasformarsi nel piccolo azionista dei suoi grandi progetti.

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