Un tempo si destreggiava fra montagne di salamelle e nubi di moscerini dietro le quinte delle feste dell'Unità. Oggi il compagno irrompe sul palcoscenico del Palazzo, ma è un esemplare antropologico completamente diverso: il sostantivo certifica, in epoca di unioni civili, legami smart e famiglie fluide. Ma soprattutto l'attualità ci consegna un compagno che dialoga con i petrolieri, tesse reti di affari ed entra nel vortice degli appalti. In ogni caso la vicenda dell'ormai ex ministro Federica Guidi e del suo fidanzato segna un nuovo capitolo e una nuova tappa nell'evoluzione darwiniana della Parentopoli. Siamo fuori dai legami affettivi tradizionali, ma il colpo è ugualmente duro.In questi anni tormentati e punteggiati da scandali, abbiamo sperimentato le diverse stazioni della via crucis familiare. E insomma le colpe dei figli, delle mogli, dei cognati sono atterrate sui potenti, azzoppandoli e qualche volta disarcionandoli.
Ecco, per capirci, citi Antonio Di Pietro e ti viene in mente il rampollo Cristiano, dipietrino in scala nel piccolo Molise. Metti a fuoco Gianfranco Fini e ti accorgi che il suo rapido declino è stato accompagnato dalle disavventure della consorte, la bionda Elisabetta Tulliani. Per non parlare dell'interminabile querelle sulla casa di Montecarlo dove la Tulliani era spalla dell'ineffabile fratello, Giancarlo, il Cognato, figura gettonatissima della Nuova commedia dell'arte. Balbettii. Esitazioni. Sotterfugi e vergogna.I parenti sono come le ciliegie e portano guai in serie. Di Pietro junior pasticcia e ripasticcia segnalando e sbandierando amici con il provveditore alle Opere pubbliche della Campania e del Molise. Il padre si spazientisce e conversando con gli amici lascia filtrare parole amare: «Cristiano si è esposto troppo». Ingombrante Di Pietro junior, come ingombranti sono i Tulliani. Lei, alle prese con l'ex Luciano Gaucci, fra rivendicazioni e carte bollate. Ma è lui, il cognato, ad essere la vera zavorra che porterà a fondo l'aspirante leader della destra italiana.
La casa di Montecarlo diventa un tormentone interminabile e sbriciola le ambizioni di Fini lasciando solo un cumulo di macerie. Non c'è bisogno di dimissioni e nemmeno si parla di avvisi di garanzia. No, la questione è più sottile: è un capitale di credibilità e di leadership che va in fumo. Un po' quanto accadde ad Anna Finocchiaro quando scivolò sulle scale che dovevano portarla al Quirinale per colpa di un intoppo giudiziario nella brillante carriera medica e manageriale del marito, il ginecologo Melchiorre Fidelbo.Altre volte l'album di famiglia viene strappato e costringe a mollare la poltrona di turno. Clemente Mastella finisce in croce perché la moglie Sandra Lonardo si ritrova sotto i riflettori della magistratura di Santa Maria Capua Vetere. Lui capitola e il 16 gennaio 2008 lascia la carica di ministro della giustizia, il Governo Prodi va in debito di ossigeno e affonda. Ma i rami dell'albero genealogico che si attorcigliano intorno ai protagonisti della nostra vita pubblica sono una foresta. Nunzia De Girolamo, ministro dell'Agricoltura con Enrico Letta, lascia per una controversa storia di presunte spinte e controspinte per affidare allo zio Franco la gestione del bar dell'ospedale di Benevento.
In epoca più recente il ministro Maurizio Lupi resta impigliato nel Rolex regalato da un imprenditore compiacente al figlio ingegnere. Lupi senior deve alzare bandiera bianca per salvare la dignità e il quadrilatero familiare dall'assedio dei media. Resiste invece - ed è la storia evocata da Renzi in queste ore - Annamaria cancellieri che si è spesa, da titolare della giustizia, per l'amica Giulia Ligresti. In cella e in pessime condizioni. Comportamento censurato da più parti e ancora più discutibile perché il figlio della ministra ha lavorato alla corte dei Ligresti, per la Fonsai. Ma in quella situazione la Cancellieri tira diritto. Una regola generale non c'è: le colpe dei figli ricadono sui padri, come insegna il tramonto di Umberto Bossi, i cui figli, il Trota e Renzo, hanno spolpato allegramente il denaro pubblico.Ma le colpe, eventuali, dei padri non ricadono sui figli: la vicenda Etruria insegna.
Maria Elena è ancora al suo posto, anche se il padre Pier Luigi è ritenuto fra gli artefici del disastro dell'istituto di credito. Per non parlare dei Renzi Matteo e Tiziano. Il padre del premier è indagato per bancarotta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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