Nelle intercettazioni sul prete pedofilo spunta il nome di Delpini

L'arcivescovo di Milano e quello di Brescia Tremolada avrebbero taciuto gli abusi

Nelle intercettazioni sul prete pedofilo spunta il nome di Delpini

È una brutta storia di abusi sessuali, una delle tante che purtroppo hanno per protagonista un prete: questa avviene a Rozzano, alle porte di Milano, nel 2011, e viene alla luce molto tempo dopo. Ma nel processo in corso al sacerdote accusato di violenza sessuale, fa irruzione una novità che getta una luce ancora più pesante sull'intera vicenda. Nelle carte acquisite dal tribunale nel corso dell'ultima udienza compaiono i nomi di due uomini che siedono a livelli altissimi nella Chiesa: sono Mario Del Pini e Pierantonio Tremolada, arcivescovi di Milano e di Brescia. Entrambi sapevano, entrambi hanno taciuto, entrambi hanno permesso che il prete pedofilo restasse a contatto con i bambini: prima a Legnano, poi come cappellano di un ospedale milanese. Una violazione palese delle direttive emanate dal Vaticano per fronteggiare l'emergenza dei reati sessuali nelle parrocchie. Eppure proprio papa Bergoglio ha designato Del Pini alla nuova carica, pochi mesi fa.

La violenza avviene nella abitazione privata del giovane sacerdote, che chiede e ottiene alla famiglia di un ragazzino di ospitarlo al termine di una giornata di studio e di preghiera. E il prete se lo porta a letto. Lo tocca, lo abbraccia. L'indomani, a scuola, è cos' scioccato che gli insegnanti chiamano la famiglia. I genitori raccolgono le sconvolgenti ammissioni del figlio: sono bravi cattolici, invece che dai carabinieri vanno dal parroco. E qui inizia il loro lungo scontro con il muro di gomma della Curia milanese.

Siamo a ridosso di Natale, l'episodio avviene il 22 dicembre. Due giorni dopo nella parrocchia di Rozzano si precipita Del Pini,allora arcivescovo vicario di Milano, il vice del cardinale Angelo Scola, inviato d'urgenza a gestire l'emergenza. E' lui a raccogliere le prime ammissioni del prete, che conferma di avere invitato il ragazzino a dormire nel suo stesso letto, e di averlo abbracciato solo per evitare che cadesse. Il prete viene spostato d'urgenza, e alla famiglia viene garantito che verrà avviato un percorso di recupero e di cura, lontano dai contatti con altre potenziali vittime. Ma nei mesi successivi la famiglia scopre che il pedofilo è stato solo spostato in un'altra parrocchia, addirittura come responsabile della pastorale giovanile: A quel punto, indignati, si rivolgono direttamente al cardinale Scola. Il quale prima cerca di dare la colpa di tutto al suo predecessore, Dionigi Tettamanzi; poi manda a incontrare la famiglia i suoi collaboratori più fidati: prima Tremolada, poi Del Pini. La famiglia registra entrambi gli incontri. E sono queste registrazioni che finiscono agli atti del processo.

Emerge che Tremolada difende apertamente il prete, io on posso dire che don Mauro è un pedofilo lo dovremmo aiutare, sicuramente, ma da qui a dire che sicuramente così e che dobbiamo toglierlo da ogni contatto con le persone, ecco qui c'è quello spazio di valutazione di cui noi ci assumiamo la responsabilità. Il prelato, insomma, rivendica il buon diritto della Curia di lasciare il prete in condizioni di nuocere. La famiglia, ovviamente, è insoddisfatta, insiste. E tre mesi dopo, a settembre 2012, ottiene di incontrare anche Mario Del Pini. Anche questo incontro viene registrato. Si scopre che Del Pini rivendica a se stesso la decisione di mandare don Mauro nella parrocchia di Legnano. Davanti alle proteste dei familiari, dice di essere stato male informato.

Ma anche dopo l'incontro non denuncia il pedofilo né alla Chiesa né alla magistratura italiana.

Nei giorni scorsi, la famiglia della vittima ha ritirato la costituzione di parte civile dietro il versamento di centomila euro. Non si sa chi li abbia versati.

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