P «Traguardo storico nella gestione degli immigrati» rima le indiscrezioni dal Viminale sulla ramanzina di Matteo Salvini a Giuseppe Conte. Poi le fonti di palazzo Chigi annunciano che c’è stata una «lunga e cordiale telefonata» tra premier e ministro dell’Interno sull’ultimo caso delle navi cariche di migranti tenute fuori dai nostri porti. Infine l’esultanza social di Salvini per «le buone notizie» sulla conclusione del caso: «Volere è potere, io non mollo» e la chiamata a Conte per complimentarsi «per il traguardo storico». Che la precedente telefonata fosse stata lunga, d’accordo, ma sulla cordialità della chiacchierata è lecito qualche dubbio perché il vicepremier leghista pare abbia detto chiaro e tondo che non tollera «dietrofront» all’«avvocato degli italiani». Lui, che ancora ha nelle orecchie un’altra telefonata piuttosto imbarazzante con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, sul precedente caso della nave Diciotti, si dev’essere sentito tra l’incudine e il martello. Se allora Salvini è stato costretto a far sbarcare il carico in Italia, ora s’impunta e insiste per rimandarli in Libia o dirottarli a Malta. Che sia in atto un braccio di ferro tra il capo del governo e il ministro sembra evidente.
Da Palazzo Chigi si passavano al vaglio le opzioni: redistribuzione immediata dei 450 migranti con altri partner europei, contatti con la Libia per l’eventuale rientro sulle coste libiche, permanenza a bordo delle navi, dove fare riconoscimenti ed esami richieste. Alla fine della giornata Conte riceve un assist, anche se parziale, da Malta e da Parigi, disposti ad accogliere parte dei migranti, e lo scontro, almeno per ora si chiude. Salvini ha giocato in pressing, deciso a non cedere, a Conte avrebbe detto che «occorre un atto di giustizia, rispetto e coraggio per contrastare i trafficanti di esseri umani e stimolare un intervento europeo». Lui ha insistito perché alle due navi (Frontex e Guardia di Finanza), con a bordo gli immigrati arrivati venerdì nelle vicinanze di Lampedusa, venisse indicata la rotta verso Sud, cioè Malta o la Libia. «In Italia si arriva solo con mezzi legali - avrebbe detto il titolare dell’Interno - Si nutrono e curano tutti a bordo, mettendo in salvo donne incinte e bambini, ma non si arriva in nessun porto. Non possiamo cedere, la nostra fermezza salverà tante vite e garantirà sicurezza a tutti». Per convincere Conte a dimenticare le raccomandazioni di Mattarella e anche le obiezioni di alcuni ministri 5 stelle, il vicepremier avrebbe ricordato: «Da quando siamo al governo, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ci sono stati oltre 27mila sbarchi in meno. Se vogliamo mantenere questi risultati positivi, non possiamo mostrare debolezze».
Le navi, così, rimangono al largo con il loro carico, in attesa che le diverse anime del governo si mettano d’accordo; che l’Europa miracolosamente rinneghila sua politica recente e apra i porti; che qualche Paese faccia il bel gesto. E alla fine a muoversi sono Malta e Francia. Intanto per assicurare che, invece, ai vertici dell’esecutivo si procede in pieno accordo, si fa sapere che «il presidente Conte è in costante contatto con i ministri Salvini, Moavero e Toninelli e con i responsabili delle unità di soccorso, per la risoluzione di questa ulteriore emergenza». Il sottosegretario grillino all’Interno, Carlo Sibilia, ammette giusto qualche «sbavatura» nella coabitazione Lega-M5s, ma assicura che «la linea del governo è condivisa». E poi si lancia in una metafora domestica: «Siamo la porta d’ingresso dell’Europa, il nostro problema è un problema di tutti.
Esistono tante altre porte in una casa, non solo quella d’ingresso. C’è la cucina, il salotto, la camera da letto...». Forse Di Maio e i suoi, incapaci di arginarlo, si sono arresi al fatto che, come denuncia Leu, «Salvini è il vero capo del governo».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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