Se si votasse sui social oggi (come piacerebbe a Grillo e al Dibba), il No vincerebbe col 67% e il Sì arriverebbe a mala pena al 31 (2% gli astenuti). Il sentiment dei commenti, invece, è 28% a favore del Sì e 71% a favore del No. Il No vince anche sui media: sia sui giornali che sui siti news, sia sui blog che sui portali, le tematiche a favore del No sono maggiori di quelle a favore del Sì.
A dipingere questo quadro è l'Osservatorio Reputation manager, principale istituto italiano nell'analisi e misurazione della reputazione online di brand e figure di rilievo pubblico, che ha monitorato oltre 10mila contenuti online relativi al referendum costituzionale al fine di capire il tenore del dibattito sul web, tra il Sì e il No. Sono stati analizzati i contenuti online di post e commenti, articoli, blog e oltre 300 pagine di fanpage su Facebook.
«Quello che abbiamo registrato è che il sentimento del No è sempre più accesso - spiega il ceo e fondatore di Reputation manager, ingegner Andrea Barchiesi - e viene espresso in maniera più forte rispetto al Sì. Il nostro è come un orecchio digitale, noi non facciamo domande, ma ascoltiamo le intenzioni degli utenti, come se fossimo in una sala dove si avverte l'umore. Ascoltiamo e basta e da un certo punto di vista questo esprime un quadro ancora più vero, perché le persone rispondono alle domande non sempre in maniera veritiera. Però non è un'intenzione di voto perché appunto noi non facciamo sondaggi. È solo il sentimento percepito sul web, come la gente ha discusso e discute sul tema referendum. E un cambiamento di tono c'è stato nel corso dei mesi: abbiamo assistito ad un cambio di volume. Il volume dei toni di chi esprime il No si è fatto sempre più acceso. Chi lo fa è più propenso a gridarlo e lo fa in maniera forte. Chi è per il Sì, invece, è più silenzioso».
E così, il presidente del Consiglio che ha fatto dei social il grimaldello col quale scardinare Palazzo Chigi e scalare il potere, lo strumento col quale comunicare il Verbo tra la gente, viene fagocitato dai social stessi. Un boomerang sulla testa di colui che si è servito, e si serve, dei social per arrivare agli elettori (vedi la sceneggiata settimanale di #matteorisponde in diretta Facebook).
Dall'analisi di Reputation manager emerge anche che dopo 20 anni Silvio Berlusconi ha perso il titolo di uomo politico più criticato d'Italia. Il termometro dell'odio punta ora su Matteo Renzi. La critica più forte è sulla lettera spedita da Renzi ai residenti all'estero che contiene le ragioni per cui votare Sì, tralasciando tutte le motivazioni del No. Renzi viene criticato, inoltre, per come tratta gli avversari in tv. Gli aggettivi che gli vengono attribuiti sono: arrogante, antipatico, poco rispettoso, non affidabile, mistificatore, rappresentante di valori che non appartengono alla sinistra, in grado di falsare l'esito del voto all'estero. «I social sono uno strumento esteso data la loro grandissima penetrazione e rappresentano la pancia popolare, il senza filtro - continua Barchiesi - Questo referendum sta spaccando in due l'Italia e comunque finisca lascerà una profonda lacerazione. Più che in una elezione politica».
D'altronde, «chi è causa del suo mal pianga se stesso». In principio fu «la madre di tutte le battaglie». Con l'inevitabile conclusione che «se perdo vado via subito e non mi vedrete più». Promessa ribadita da Renzi in decine di occasioni accompagnata dal concetto «io non sono come gli altri, non resto aggrappato alla poltrona».
«Personalizzare il referendum è stato un grosso errore - conclude il ceo di Reputation manager - Non è
più riuscito a tornare indietro e a spersonalizzarlo. Le persone non hanno più recepito l'inversione di marcia. Si è messo contro tutti e questa viene vista da molti come un'occasione per pareggiare i conti e vendicarsi».
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