"Noi a rischio denunce". E i poliziotti si comprano le telecamere da divisa

Tempi troppo lunghi dal ministero, così gli agenti scelgono di acquistarle: "Ci tuteliamo da false accuse"

"Noi a rischio denunce". E i poliziotti si comprano le telecamere da divisa

Molti agenti di polizia, per prevenire denunce pretestuose ed evitare di finire sotto inchiesta per accuse montate ad arte, esasperati da processi che finiscono sempre più a favore del delinquente e sempre meno del poliziotto, stanno acquistando delle bodycam, ovvero vere e proprie telecamere da mettere sulla divisa e da utilizzare ogni volta che svolgono servizio in manifestazioni dove appare elevato il rischio di scontri.

In realtà l'amministrazione ha già dato il suo ok all'opposizione di apparecchi per la registrazione, ma la burocrazia è nemica del presto e bene e finché le apparecchiature ufficiali non saranno acquistate e quindi consegnate alle forze dell'ordine, non sarà possibile filmare. L'esasperazione, però, ha raggiunto tali livelli che diversi agenti stanno spendendo di tasca propria per comprare bodycam da utilizzare in servizio, rischiando teoricamente anche sanzioni disciplinari.

La denuncia arriva da Fabrizio Lotti, segretario nazionale della Federazione Sindacale di Polizia. «Da diverso tempo spiega - i Reparti mobili della Polizia di Stato si trovano sotto pressione in quanto, in occasione di alcune iniziative di protesta, alcuni professionisti del caos, invece di manifestare in maniera pacifica, come previsto e consentito dalla Costituzione e dalla legislazione, hanno come unico scopo la devastazione delle città e l'attacco premeditato alle forze di polizia quali rappresentanti dello Stato, a volte per ottenere una visibilità da parte del pubblico». In questo contesto è ovvio che si sia pensato a diverse soluzioni, ideate per far cessare questa caccia alla «visibilità» attraverso l'attacco al poliziotto. «Vi è - prosegue Lotti - la non più rinviabile necessità di dotare gli operatori dei Reparti mobili di bodycam, da collocare sulla propria divisa operativa al fine di filmare tutti gli accadimenti e tutelare, così, gli stessi agenti, ma non di meno anche le persone che con essi entrano in contatto. Avere una riproduzione video dei fatti - spiega poi - e ancor prima sapere di essere videoregistrati è, infatti, di stimolo per gli operatori a mantenere un comportamento corretto ed equilibrato». Ma fa anche da deterrente per eventuali aggressori che abbiano intenzione di agire in malafede. Ciò, come spiegano ancora da Fsp polizia «consente di avere una riproduzione fedele dei fatti in quanto, situazioni di forte stress con elevato coinvolgimento emotivo, potrebbero distorcere la percezione e il ricordo dell'evento, rendendo difficoltosa una sua corretta ricostruzione».

Oltretutto, la possibilità di disporre di videoregistrazioni di «prima mano» è un elemento da non sottovalutare anche nell'ambito dell'identificazione e dell'accertamento delle responsabilità di coloro che risultano coinvolti negli scontri e nei fatti illeciti.

Ecco perché, in attesa che l'amministrazione doti gli agenti degli strumenti necessari, c'è chi ha pensato al «fai da te», sicuramente non così corretto dal punto di vista delle autorizzazioni, ma utile nel caso in cui ci si debba trovare a spiegare i fatti di fronte a un giudice. Un'arma a doppio taglio, utile però anche ad avere le registrazioni degli scontri che avvengono durante le manifestazioni, in attesa di chiari e dettagliati protocolli operativi che proprio l'Fsp sta richiedendo da tempo. Velocizzare l'iter di acquisto delle bodycam, infatti, consentirebbe ai poliziotti di avere una maggiore tutela in occasione di cause legali.

«Peraltro - conclude Lotti - non ci dimentichiamo che il poliziotto, nel momento in cui decide di intervenire, ovvero interviene su comando della linea gerarchica, si assume responsabilità civili, penali e amministrative come nessun altro burocrate statale.

Responsabilità che possono riverberarsi sulla carriera e sul suo portafoglio qualora il dipendente sia costretto a difendersi in un'aula di Tribunale». Una proposta che si sposa con quella volta a introdurre nell'ordinamento giuridico italiano il delitto di «terrorismo di piazza» con cui si punirebbero i «professionisti del disordine».

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