«So quello che sta passando il collega. Ha rischiato di morire e purtroppo ha tolto la vita a una persona. Non perché ha voluto, ma perché ha dovuto farlo. Resterà segnato a vita per questo. È stata una tragedia ma non si può rischiare la vita in questo modo. Non sono queste le condizioni in cui lavorare». È arrabbiato, quasi urla la sua frustrazione Vincenzo Romeo, membro del consiglio del Cocer dei carabinieri, da anni rappresentante dei suoi colleghi.
Condizioni di lavoro difficili le vostre, quasi al limite.
«Mettetevi nei panni di chi deve intervenire in una situazione difficile come una zuffa e si trova con il suo sangue sul viso e una persona pronta a colpirla ancora. Cosa si può fare, invitare al dialogo? C'è la propria vita in gioco. Non ci sono le giuste condizioni per lavorare».
Non siete sereni?
«Assolutamente no. Sono stufo di sentire colleghi che mi chiedono chissà cosa mi può succedere domani. Basta. Vogliamo solo continuare a lavorare e a fare quello che stiamo facendo. C'è in gioco l'incolumità di chi cerchiamo di proteggere e anche la nostra. E sa quanto vale la nostra vita?».
Quanto?
«Se succedesse qualcosa a me, a mia moglie e ai miei figli spetterebbe il 50% della pensione, cioè 450 euro al mese. Come si possono fare interventi del genere in maniera serena? Non sono queste le condizioni per lavorare bene».
E di chi è la colpa?
«Lo Stato è responsabile, deve metterci in condizione di fare il nostro lavoro. Lo Stato e il governo legiferano e ci dicono come dobbiamo operare ma nessuno ci interpella. A volte sembra vogliano fare i rivoluzionari e lanciare proposte choc quando l'ultimo dei carabinieri saprebbe benissimo come dare consigli su cosa ci serve».
Per esempio?
«Si sta parlando molto di strumenti di difesa che non ledano la vita come il teaser, ma sarebbe ora di fare presto e di prendere esempio dagli altri Paesi. Quando c'è un'emergenza, con persone fuori controllo, bisogna intervenire. E noi non abbiamo gli strumenti per farlo senza rischiare».
L'emergenza migranti ha peggiorato la situazione?
«Le forze di polizia devono correre dove c'è bisogno. Centri di accoglienza e campi profughi sono situazioni al limite che non permettono di intervenire a dovere. Carabinieri e polizia lavorano con grande equilibrio ma non è certo la prima volta che si verificano queste situazioni. Ma continuiamo a subire. E non è più tollerabile».
Cosa chiedete alle istituzioni?
«Soltanto essere ascoltati. Interpellandoci capirebbero cosa è necessario fare. Chiediamo solo di poter fare il nostro lavoro con la solita dedizione e senso dello Stato. Ma lo Stato deve metterci in condizione di poterlo fare».
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