«Se finisce così, abbiamo fatto cappotto», dice ai suoi il premier quando gli annunciano che l'ala oltranzista di Ncd si prepara a non votare la fiducia sulle unioni civili.Niente di meglio del «no» dei vari Sacconi, Formigoni, D'Ascola e Giovanardi per dimostrare che il testo su cui Matteo Renzi ha messo il proprio timbro è tutt'altro che un «cedimento» al partitino cattolico di maggioranza. Tant'è che, a parte la stepchild adoption, il maximendamento su cui giovedì si chiuderà la partita delle unioni gay è pari pari il ddl Cirinnà, con aggiustamenti tecnici.Il ragionamento che si fa ai piani alti del Pd è semplice: in aula, a voto segreto, sulle adozioni si rischiava una Caporetto. «O la bocciatura o, peggio, il passaggio di emendamenti come quello sull'affido rafforzato che avrebbero fatto fare un salto indietro alla situazione reale, nella quale i tribunali le adozioni le fanno fare», dice la senatrice Francesca Puglisi. Tolte le adozioni, «su cui la giurisprudenza sta già creando il fatto compiuto e su cui stiamo preparando un testo di legge», resta il fatto che «siamo riusciti a far votare ad Alfano le unioni gay. Roba che fino a due giorni fa sembrava fantascienza», come nota il vicepresidente dei senatori Pd Alessandro Maran.Tagliati fuori dall'approvazione di «una legge storica per i diritti civili», come dicono i renziani, saranno sia i grillini che Sel, che infatti insorgono contro la fiducia. Renzi, davanti ai suoi senatori, è drastico: «Chi insiste che dovremmo affidarci ancora ai grillini, eterodiretti da quel Casaleggio, o non ha capito niente o cerca solo la sconfitta. Pensavo che su questo tema potessero giocare una partita diversa ma sbagliavo: non immaginavo tanto cinismo». A questo punto, ha sottolineato, «l'unica alternativa alla fiducia sono la melina e la palude».Intanto Denis Verdini - che fin dall'inizio si è schierato a favore delle unioni e anche delle adozioni - si prepara al suo primo voto di fiducia al governo Renzi. «Dobbiamo riunirci e decidere, non è un passo indifferente», dice diplomatico il parlamentare Luca D'Alessandro. Ma nel Pd tutti ne sono certi, minoranza inclusa: «Verdini voterà la legge? È scontato», dice Miguel Gotor. Del resto, fa notare il renziano David Ermini, «quelli della minoranza con Verdini, e pure Berlusconi, hanno già votato fiducie a tutto spiano, ai tempi del governo Letta. Non sono verginelle...». Sta di fatto che, col voto di fiducia, l'appoggio esterno dei verdiniani fa un salto di qualità, alimentando gli incubi di chi nel Pd paventa il famoso «partito della nazione». Ma lo fa «sul terreno migliore per noi», sottolineano in casa renziana: «su una battaglia di sinistra come le unioni gay».I bersaniani, che alla vigilia avevano minacciato fuoco e fiamme contro l'intesa con Ncd, nell'assemblea dei senatori Pd ieri sono rimasti silenziosi (a parte un sermone del vecchio operaista Mario Tronti sul tema «popolo ed elite», giudicato «a destra di Giovanardi» dai renziani). «In fondo portiamo a casa un grosso passo avanti», ammette a denti stretti Gotor.
Renzi, incassato il via libera al suo Blitz Krieg sulle unioni, corre in Vaticano a celebrare i Patti lateranensi. E da lì rivendica: «Rispettiamo le opinioni della Cei, ma su temi come questo il governo ha posizioni diverse».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.