Nuova arma per il Fisco. Basta un versamento e scattano i controlli

Una sentenza della Cassazione dà il via libera agli accertamenti sui conti di autonomi e privati

Nuova arma per il Fisco. Basta un versamento e scattano i controlli

Lo stato di polizia fiscale da qualche giorno ha un sostenitore in più: la Corte di Cassazione. Una sentenza dell'8 agosto ha infatti stabilito che il denaro versato sul conto corrente di un professionista o di un privato possono essere esaminate dall'Agenzia delle Entrate ai fini dell'accertamento di eventuali redditi non dichiarati. Ovviamente, come in tutti i casi di controversie con il fisco, è il contribuente a essere tenuto all'onere della prova certificando la provenienza lecita delle somme contestate. Gli aspetti inquietanti della vicenda, segnala Italia Oggi, sono due. In primo luogo, la Suprema Corte ha smentito la Corte Costituzionale. In seconda istanza, ha smentito se stessa.

La questione è complessa e giocata tutta in punta di diritto. Vale la pena, perciò, ricordare quali siano le norme oggetto dell'interpretazione dei magistrati. L'accertamento fiscale è disciplinato dal decreto del presidente della Repubblica 600 del 1973. L'articolo 32 (modificato di recente dal decreto fiscale dell'anno scorso) conferisce all'Agenzia delle Entrate la facoltà di chiedere conto delle movimentazioni bancarie ai singoli contribuenti. La finanziaria del 2005, successivamente, aveva specificamente esteso il potere di verifica anche ai redditi di lavoro autonomo, estendendo la platea sotto scrutinio. Ma una salvifica sentenza della Corte Costituzionale nel 2014 aveva dichiarato illegittima l'equiparazione tra i movimenti bancari delle imprese e quelli dei professionisti. Dunque mentre per l'impresa i movimenti in entrata e in uscita (anche quando effettuati dai soci) costituiscono materia per l'accertamento, per i secondi tale sistema era stato dichiarato non valido. Tant'è vero che, evidenzia il quotidiano del gruppo Class, «le cause arrivate in Cassazione hanno quasi sempre visto annullate le pretese del fisco». Insomma, anche la sezione tributaria della Suprema Corte pareva essersene fatta una ragione dando ragione ai ricorrenti quando il contenzioso tributario non si esauriva nei primi gradi di giudizio, ossia presso le commissioni provinciali o regionali.

L'Alta Corte (e questo, purtroppo, va detto) ha commesso una leggerezza. La sentenza del 2014, infatti, recitava testualmente che è «arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo siano destinati a investimento nell'ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta sia produttivo di reddito». Poiché si fa riferimento solo ai prelievi, la Cassazione ha dedotto che la presunzione di evasione possa sussistere, tuttavia, per i versamenti visto che il riferimento non è esplicito.

Ora, a parte il fatto che il Sid (Sistema interscambio dati) dell'Agenzia delle Entrate è già in grado di verificare al millimetro le posizioni bancarie di ogni singolo contribuente e, quindi, la sentenza non fa altro che rafforzare la potenza di fuoco dell'istituto guidato da Ernesto Maria Ruffini anche in sede di contenzioso. Il vero problema si potrebbe porre con le misure che dovrebbero arrivare con la legge di Bilancio del 2018. In particolare, l'estensione dell'obbligo di fatturazione elettronica tra privati.

Poiché autonomi e professionisti saranno obbligati a trasmettere telematicamente l'andamento in tempo reale dei ricavi, eventuali incongruenze con la movimentazione bancaria salteranno subito all'occhio facendo scattare gli accertamenti. Che dovranno fruttare incassi per finanziare gli sgravi sulle assunzioni.

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