Nuova grana per la Raggi. La Roma rischia lo stadio

La variante al piano regolatore non è a norma. L'area di Tor di Valle è a rischio idrogeologico

Nuova grana per la Raggi. La Roma rischia lo stadio

Roma - «Dopo Roma realizziamo un altro sogno». Così il sindaco Cinque stelle della Capitale, Virginia Raggi, aveva commentato la nascita del governo del cambiamento. Passata l'euforia, la giunta capitolina dovrà tornare a confrontarsi con l'amara realtà di ogni giorno. E ai soliti problemi di trasporto pubblico carente e di nettezza urbana rischia di affiancarsi un'altra grana relativa al nuovo stadio di proprietà della Roma a Tor di Valle.

Il prossimo 12 giugno scadono i termini per la presentazione delle osservazioni e delle opposizioni alla variante del piano regolatore che consente di dare il via al progetto fortemente voluto dal presidente della Roma, James Pallotta, e che sarà realizzato in collaborazione con l'imprenditore Luca Parnasi, proprietario dell'area. Il Giornale ha potuto visionare in anteprima le osservazioni che saranno presentate dal Tavolo dell'urbanistica di Roma con Italia Nostra, dall'ex assessore all'Urbanistica della giunta Raggi, Paolo Berdini, con alcuni comitati di quartiere e da un gruppo di sostegno a un progetto alternativo.

In primo luogo, la variante al piano è a rischio di futuri risvolti penali. Il decreto segretariale dell'8 giugno 2015 dell'Autorità di bacino del Tevere classifica l'area di Tor di Valle come non edificabile perché a rischio idrogeologico. La variante, invece, la qualifica come area a verde attrezzato, circostanza improbabile considerato che quel tipo di aree necessitano di interventi di messa in sicurezza prima di essere catalogati come tali.

Il secondo problema è relativo al contributo straordinario di 98 milioni che Roma Capitale intende erogare proprio per la realizzazione dell'opera includendovi anche la messa in sicurezza. In questo caso potrebbe prefigurarsi un danno erariale ove accertato dalla Corte dei Conti sia perché i contributi si assegnano sulla base dei progetti definitivi (mentre lo Stadio della Roma non è ancora giunto a questa fase) sia perché il nuovo Codice degli appalti prevede che le opere extra oneri di urbanizzazioni siano a carico del proponente e non della pa.

Non meno importante è la terza questione relativa alla realizzazione del Ponte dei Congressi. Si tratta di un'infrastruttura inclusa nel progetto perché finalizzata al conseguimento di una positiva valutazione di impatto ambientale in quanto consentirà un adeguato accesso all'impianto senza provocare ingorghi. Il Testo unico dell'urbanistica ella Regione Lazio prevede che queste opere si possano includere nei progetti se realizzabili nell'arco di tre anni dallo sviluppo del progetto. Non è il caso di questo ponte che insiste su aree residenziali e commerciali e, considerate le lungaggini della burocrazia e della giustizia, procedere agli espropri richiederà ben più di tre anni non essendoci ancora nessun impegno vincolante alla sua costruzione.

Le osservazioni, occorre ricordare, non possono bloccare le decisioni dell'amministrazione.

Ma sarebbe ben strano se la giunta Raggi venisse meno ai doveri di trasparenza rispondendo nel merito. Anche perché, dopo l'iniziale niet dei pentastellati, fu proprio Beppe Grillo in persona a decidere che lo stadio si sarebbe costruito proprio a Tor di Valle. E nessuno osò contrastare la sua volontà.

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