La netta sconfitta incassata da Marine Le Pen rappresenta un colpo definitivo a quanti avevano creduto in un 2017 all'insegna della riscossa del sovranismo in Europa. Un'illusione che era stata alimentata prima dall'inatteso successo dell'opzione Brexit al referendum britannico del giugno dell'anno scorso e poi dall'ancor meno prevedibile vittoria di Donald Trump contro la favoritissima Hillary Clinton nella corsa alla Casa Bianca in novembre. Per gli avversari giurati dell'Unione Europea e dell'euro, per quanti hanno più simpatia per la Russia autocratica di Vladimir Putin che per l'Occidente democratico, per tutti coloro che si sentono più nazionalisti che patrioti, sembrava l'avvio di un'onda lunga impossibile da fermare.
Un'onda che sarebbe dovuta partire in Austria, proseguire in Olanda, raggiungere l'acme in Francia e schiantare definitivamente i destini della detestata Europa unita alle elezioni tedesche del prossimo settembre. Non è andata affatto così, e la nuova Ue che tratteggiano i risultati delle consultazioni in questi Paesi non solo non ha nulla di sovranista, ma vede rafforzati gli elementi di coesione, anche se i leader europeisti sanno bene di avere come priorità il rinnovamento dell'Unione e che in caso di fallimento le chances dei loro avversari saranno rivitalizzate.
Chi sono dunque i mancati vincitori e i loro giustizieri? In Austria le speranze di Norbert Hofer di diventare presidente della Repubblica sono state spente lo scorso 4 dicembre da Alexander Van der Bellen, il candidato dei Verdi che è riuscito a far convergere su di sé i voti di quanti (circa il 53% alla conta finale) non volevano che da Vienna partisse una slavina destinata a travolgere l'Unione Europea: slavina che fino all'ultimo era parsa possibile, con i sondaggi dell'ultima ora che davano Hofer in leggero vantaggio.
Un grande clamore mediatico aveva circondato per settimane l'avventura elettorale di Geert Wilders, il leader populista olandese che ha raccolto il testimone di Pim Fortuyn, assassinato nel 2002, conducendo una tenace battaglia contro l'Ue, l'euro e i pericoli rappresentati dalla massiccia immigrazione musulmana nel suo Paese. Wilders contava di diventare premier, ma lo scorso 15 marzo si è dovuto accontentare di una ventina di seggi in Parlamento, con i quali continuerà a fare quel che faceva prima delle elezioni: una rumorosa opposizione. Il premier continuerà a farlo il conservatore Mark Rutte.
Di Marine Le Pen e di Emmanuel Macron abbiamo fresche notizie, che confermano l'insufficiente credibilità della proposta sovranista anche in Francia: il nuovo presidente tuttavia avrà il compito non facile di vincere anche le elezioni politiche del prossimo 11 giugno.
Agli irriducibili anti-Ue rimane la speranza
di un'affermazione dell'ultradestra dell'Afd in Germania, ma con i sondaggi fermi al 7% sembra più corretto parlare di un'illusione. E a questo punto le prossime elezioni italiane assumeranno un valore molto particolare.
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