Non era il primo della classe. E non ha lasciato tracce memorabili della propria carriera scolastica. Anzi. All'istituto De Amicis, nel quartiere capitolino del Testaccio, il dirigente scolastico Massimo Quercia accoglie i segugi di Open con una battuta che trasuda sarcasmo: «Perché il fratello dell'attore ha pure studiato?» Sembra di stare in un film di Alberto Sordi o, se ci fosse una rima, in un sonetto del Belli.
E invece Nicola Zingaretti ha passato i canonici cinque anni proprio al De Amicis, istituto tecnico, per diventare perito odontotecnico. Un percorso anonimo, grigio ma cosi grigio da suscitare rigurgiti dietrologici, come sempre accade nel nostro claustrofobico Paese quando un personaggio guadagna la ribalta. E allora Mario Adinolfi, presidente del Popolo della famiglia, accende le polveri: «Nicola Zingaretti ha la terza media e se ne vergogna un po'. Infatti in tutte le notine biografiche ai giornali evita di citare il proprio titolo di studio».
Siamo in pieno giallo curriculare, un filone che in Italia ha una straordinaria tradizione: basta pensare ai master generosamente seminati qua e là dal premier Conte, al pasticcio combinato dall'ex ministro Valeria Fedeli che aveva cercato in tutti i modi di rivendere come laurea un più modesto diploma. E poi, naturalmente, scavando un po', si può risalire fino al thriller dai colori scuri ambientato alla Statale di Milano in anni lontani, quando Antonio Di Pietro scivolava silenzioso fra i banchi della facoltà di legge, tanto da alimentare un indimostrato, fantomatico complotto spionistico secondo cui la sua laurea fu confezionata dalle manine esperte di obliqui 007. E dunque Mani pulite fu telecomandata da un'occulta regia.
La storia del fratello di Montalbano, oggi presidente della Regione Lazio e fresco segretario del Pd, è più prevedibile. Nicola, classe 1965, infanzia nella periferia profonda della Magliana, papà funzionario di banca, arriva fino ai gradini della Sapienza e li si arena.
Lui, che è già un tipo ecumenico e arrotondato, non vuole alimentare polemiche di retroguardia, ma il suo staff lascia filtrare una dichiarazione risolutiva, in attesa dei documenti che arriveranno nei prossimi giorni: «Si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia, numero di matricola 597468, e sostenne tre esami». Con un exploit in storia del risorgimento: 30. E un ottimo 28 in storia dei partiti politici, dove in seguito avrebbe detto la sua. Poi abbandonò i libri, risucchiato dal demone della politica.
Una vicenda ordinaria, senza doppifondi e retroscena, già portata a galla da Enrico Lucci nel corso del programma Nemo. «Me devi dì una cosa - aveva esordito Lucci nella puntata del 23 novembre 2018 - non ti chiederò. Tu... Stavamo insieme all'università, ma te sei laureato?».
Insomma, Lucci e Zingaretti erano compagni di corso e il conduttore televisivo confessa all'onnipresente Open di ricordare benissimo l' allora coordinatore della cellula comunista della Sapienza, Nicola Zingaretti. Da escludere che si tratti di un caso di omonimia. E infatti il successore di Renzi alla guida del Pd non si sottrae alla domanda: «Ahi, ahi, ahi, no. Questa è una delle colpe della mia vita». Un invito a nozze per l'irriverente microfono che subito banchetta su quella frase: «Me lo ricordo, studiava. Studiava tanto. Era tanto serio».
Sberleffi e pagelle.
Nel giorno in cui la biografia del governatore e della sua famiglia restituisce un frammento drammatico: la bisnonna materna fu deportata ad Auschwitz. La madre, invece, si salvò fortunosamente. E le beghe scolastiche sono spazzate via dal vento della storia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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