Obama sbarca a Cuba, dissidenti bastonati

Il viaggio è storico, ma le contraddizioni sono imbarazzanti

Obama sbarca a Cuba, dissidenti bastonati

Sbarca Obama in un'Avana festante e fa la storia, indubbiamente. Dopo un lungo e complesso lavoro di preparazione che ha avuto per protagonista la diplomazia vaticana su input di papa Francesco, il muro semisecolare che separava Cuba dagli Stati Uniti comincia a sgretolarsi con una visita che fino a poco tempo fa sarebbe parsa pura fantapolitica. Obama è il primo presidente americano accolto a Cuba dal lontanissimo 1928, soprattutto l'unico da quando l'isola più grande del Caribe è governata dai rivoluzionari con la bandiera rossa. Arriva per rendere irreversibile con la sua presenza e il suo (calante) carisma una svolta che ha fortissimamente voluto proprio per lasciar traccia nella Storia. Per far questo ha ritenuto di dover accettare dei compromessi, e molti ritengono che siano troppi per il presidente degli Stati Uniti d'America. Il più imbarazzante, avendo Obama a che fare con un dittatore seppur ammorbidito dalla severità della crisi del suo stesso sistema, riguarda il rispetto dei diritti politici. A poche ore dall'arrivo dell'ospite americano sono stati compiuti arresti a decine tra gli oppositori. Elizardo Sanchez, coordinatore della Commissione Cubana di Diritti Umani - gruppo che si dedica a registrare gli abusi del governo castrista - è stato fermato all'aeroporto dell'Avana; agenti della sicurezza di Stato - secondo la denuncia di Human Rights Watch - hanno visitato molti dissidenti ordinando loro di non uscire di casa finché Obama non sarà ripartito: la nota dissidente Yoani Sanchez parla di circa 200 persone; infine una cinquantina di oppositori tra cui alcune Damas de Blanco, la cui leader Berta Soler è stata invitata personalmente da Obama al suo discorso, sono state secondo la triste tradizione del posto fermate per alcune ore dalla polizia che ha interrotto con particolare brutalità una loro sfilata all'Avana.Sono le contraddizioni di questa visita storica: Obama viene a parlare di amicizia e collaborazione, Raul Castro accetta e apre una porta chiusa dal 1959, ma per chi non si piega al potere assoluto del partito comunista nulla cambia: minacce, arresti e ossa rotte. Tra domani e martedì Obama parlerà all'Avana anche di diritti umani, e questa è certamente una novità importante. Ma non vorremmo essere un dissidente cubano il giorno dopo la sua partenza per Washington.Intanto l'ormai quasi novantenne Fidel Castro, da anni ridotto per ragioni di salute al ruolo di icona simbolica della revoluciòn, si è assunto l'incarico di segnalare a chi vadano le vere simpatie del regime.

Lo ha fatto ricevendo il presidente venezuelano Nicolas Maduro, che lo idolatra. Lo aveva già fatto mesi fa quando all'Avana era sbarcato il segretario di Stato Usa John Kerry. Altro che yanquis, è il messaggio, Cuba resta il faro del socialismo.

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