Otto sigle, quattordici navi e un aereo. La «flotta solidale» che pattuglia il Mediterraneo in cerca di migranti da salvare è sempre più attiva ed efficiente. Tanto efficiente da attirare l'attenzione dello Sco, il Servizio centrale operativo della polizia, che ha messo insieme un dossier sull'attività delle Ong internazionali e italiane che da un anno a questa parte si sono affiancate alle missioni militari italiane ed europee che in precedenza erano le uniche a gestire i salvataggi. A far notare l'insolita crescita dell'operatività di queste navi è stata dapprima Frontex, l'agenzia che si occupa di coordinare la sorveglianza dei confini europei. Nel proprio «Rapporto 2017» ha rilevato che in pochi mesi le navi solidali sono passate dall'essere coinvolte nel 5 per cento dei salvataggi fino al 40 per cento. Negli ultimi mesi del 2016 gli interventi delle Ong hanno addirittura superato il numero delle chiamate arrivate alla sala operativa che gestisce le forze navali militari. Ed è da qui che riparte il lavoro dello Sco, che ha tracciato le rotte delle imbarcazioni delle Ong che arrrivano ad addentrarsi nelle acque libiche intervenendo, stando agli investigatori, senza che ci sia la consueta chiamata di soccorso che metteva di solito in movimento le navi militari. Il sospetto dunque è che alcune delle navi possano avere contatti con chi organizza i viaggi, venendo a conoscenza delle partenze ancor prima che i gommoni si stacchino da riva. Una circostanza inquietante che apre ulteriori dubbi. In un rapporto riservato svelato dal Financial Times a dicembre, Frontex ipotizzava addirittura l'esistenza di vere e proprie «collusioni» con gli scafisti. Le operazioni navali costano decine di migliaia di euro al mese ed è naturale chiedersi chi le finanzi.
La procura di Catania pochi giorni fa aveva annunciato una sorta di indagine conoscitiva sulle manovre delle Ong. Il Giornale ha appreso che anche la procura di Palermo sta indagando per approfondire le prime conclusioni della Squadra mobile del capoluogo siciliano coadivata dagli esperti dello Sco.
Alcune grandi organizzazioni, come Medici senza frontiere hanno già messo le mani avanti, rintuzzando i sospetti e assicurando che i loro fondi arrivano da donazioni private. E gli investigatori dubitano che le grandi organizzazioni possano essersi prestate a vere e proprie collusioni. Ma i dubbi restano. Innanzitutto perché a fianco di nomi noti come Save the children e Msf, c'è stato un proliferare d i altre sigle, come la Moas fondata a Malta da una coppia di miliardari, la Jugend Rettet, nata da un gruppo di giovani berlinesi attraverso il crowdfunding e l'olandese Boat Refugee Foundation che si occupa solo di salvataggi di migranti in mare con la sua imbarcazione «Golfo azzurro».
I movimenti delle navi di queste organizzazioni sono stati tracciati e sono risultati estremamente tempestivi e coordinati, come se fossero informati prima della partenza. Attività che, anche in assenza di lucro, potrebbe far sorgere qualche dubbio di legalità. E che di certo torna comoda alle organizzazioni di trafficanti. E non ha evitato nel 2016 il record di 4.500 morti in mare.
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