Sul codice di condotta delle Ong si va verso l'accordo con il Viminale, pur con qualche riserva. Ieri mattina i rappresentanti di Medici senza frontiere, Save the children, Moas, Sea Watch, Sos Mediterranée, Sea Eye, Proactiva open arms, Jugend Rettet e LifeBoat hanno infatti incontrato i rappresentanti del ministero dell'Interno. Nel corso dell'incontro, presieduto dal capo di gabinetto, prefetto Mario Morcone e a cui hanno partecipato anche rappresentanti dei ministeri degli Affari esteri, della Cooperazione internazionale, delle Infrastrutture e dei trasporti, del comando generale della Guardia di finanza e di quello delle Capitanerie di porto, si è deciso che la firma del documento avverrà lunedì prossimo alle 16.
Si è dialogato «in un clima di collaborazione, ma sono stati recepiti alcuni contributi di chiarimento che le Ong hanno richiesto». Ciò che, alla fine della riunione, si è capito, è che le organizzazioni non governative puntano alla prosecuzione della loro opera cercando di puntualizzare i dettami del diritto internazionale. Medici senza frontiere, ad esempio, ha spiegato che i membri del suo staff «sono operatori umanitari, non uffici di polizia e, per motivi di indipendenza, faranno ciò che è strettamente richiesto dalla legge, ma non di più». Msf ha criticato punto per punto i dettami inseriti nel codice. Quando si parla di «attestare l'idoneità tecnica (su equipaggiamento della nave e personale) per l'attività di soccorso», la Ong chiede «garanzie che le richieste del codice non abbiano un peso sproporzionato sulle operazioni di soccorso e non portino a una riduzione della capacità si soccorso in mare».
Il Viminale si aspetta che le organizzazioni non governative comunichino immediatamente eventuali interventi al di fuori della regione di responsabilità Sar. Msf peferisce che ci si attenga «al diritto marittimo» per evitare «situazioni già accadute in passato quando alcune chiamate non hanno ricevuto soccorso» e hanno causato morti. Sui trasbordi da altra nave la Ong si appella ancora al diritto internazionale così come sulla possibilità di ricevere a bordo, su richiesta, agenti di polizia giudiziaria. «La presenza di polizia potrebbe prevenire - scrivono - persone vulnerabili, come vittime di tortura, traffico di esseri umani e violenze sessuali».
Chiedono quindi che la presenza degli agenti a bordo non sia fissa e che si chiarisca in quali circostanze potrà salire a bordo.
Proprio su questo punto la tedesca Sea Watch è stata categorica: «Senza modifiche non firmeremo».Ma questa presa di posizione porterà al divieto di ingresso delle navi Ong nei porti italiani. E, allora, sarà veramente scontro.
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