Roma Galeotta fu la «manina». La diatriba sulla relazione tecnica del decreto Dignità ha fornito l'ennesimo spunto al governo per silurare il presidente dell'Inps, Tito Boeri, la cui poltrona è da tempo traballante. L'attacco congiunto del ministro dell'Economia Tria e del ministro del Lavoro Di Maio (titolare della vigilanza sull'istituto di previdenza) sulla mancanza «di basi scientifiche» delle previsioni nefaste sulla perdita di posti di lavoro (8mila su 80mila contratti non rinnovati) rende improbabile una permanenza dell'economista bocconiano su quella poltrona fino al termine del mandato previsto per l'anno prossimo.
L'aggressione di Di Maio a Boeri ha fatto uscire allo scoperto Matteo Salvini che ha mal digerito la ferma opposizione di Boeri all'introduzione di «quota 100». «Il presidente dell'Inps continua a dire che la legge Fornero non si tocca, che gli immigrati ci servono perché ci pagano le pensioni, che questo decreto crea disoccupazione», ha commentato il ministro dell'Interno e vicepremier aggiungendo che «in un mondo normale se non sei d'accordo con niente delle linee politiche, economiche e culturali di un governo e tu rappresenti politicamente, perché il presidente dell'Inps fa politica, un altro modo di vedere il futuro, ti dimetti». Un benservito bello e buono.
L'allegato tecnico della Relazione annuale dell'Inps, infatti, stima tra i 4 e 14 miliardi (anche in questo caso sottostimando) il maggiore aggravio annuo per i conti pubblici derivante dalle ipotesi di riforma pensionistica. Il leader del Carroccio non si è fatto pregare e ha menato come un fabbro rinfacciando all'economista anche le posizioni pro-migranti in quanto, secondo le sue analisi, sarebbero gli stranieri a garantire la sostenibilità del sistema pensionistico. «Consapevoli dell'incertezza che circonda le stime svolgeremo, come sempre, il monitoraggio attento, che peraltro la legge ci richiede. Ma sin d'ora, di fronte a questi nuovi attacchi - e a quelli ulteriori del ministro Salvini - non posso che ribadire che i dati non si fanno intimidire», ha replicato Boeri
Sono gli incerti del governo populista. Se uno dei due soci attacca, anche l'altro deve muoversi per non perdere visibilità. Ma è chiaro che la polemica è pretestuosa. Le stime elaborate dall'Inps sono state avallate dalla Ragioneria dello Stato e, dunque, dal Tesoro. Di Maio non poteva attaccare il titolare del dicastero di Via XX Settembre senza indispettire il Quirinale che ha già mostrato la propria insofferenza per alcune prese di posizione dell'esecutivo. E così si è puntato sull'anello debole della catena, cioè Tito Boeri, anche perché di nomina renziana.
Ovviamente, nella prima replica Boeri ha tirato giù nel gorgo anche il ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, perché è corresponsabile. L'effetto negativo del decreto Dignità è stato probabilmente sottostimato.
Ecco perché Forza Italia chiesto un'audizione parlamentare di tutti i protagonisti della vicenda. Ma gli azzurri stanno pensando anche a una due diligence della Corte dei Conti che è sicuramente in grado di effettuare una valutazione super partes.
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