L'Autorità Palestinese ha messo al bando tutte le attività pubbliche in favore della comunità gay e lesbica palestinese, e in particolare ha proibito ogni mossa al gruppo Al Qaws, fondato nel 1991, che preparava una manifestazione di un gruppo di Nablus e stava aprendo qualche finestra anche in altre parti dell'AP. Ma una società islamica può sfidare la Sharia apertamente? Per ora non è mai accaduto, gli episodi antigay dimostrano un radicamento popolare del pregiudizio che arriva, come in Egitto, a più del 90 per cento, e fra i palestinesi la maschera bonaria che Abu Mazen ama spesso mostrare all'Occidente è caduta. E i lgtb palestinesi hanno perso anche quella minima speranza di non essere ufficialmente classificati come criminali.
A Gaza, dove il governo è quello di Hamas, organizzazione terrorista integralista islamica, oltre alle torture, alle botte, all'imprigionamento, vige la pena di morte: fra le esecuzioni più note quella, nel 2016, di Mahmoud Ishtiwi, condannato a morte per omosessualità benché fosse uno dei comandanti militari. Nell'AP anche se le leggi scritte antigay non ci sono, nessuno ha fermato la loro persecuzione. Così i gay, le lesbiche, i transgender palestinesi fuggono in Israele: solo a Tel Aviv ce ne sono diverse migliaia, tutti lo sanno, e molte organizzazioni israeliane li aiutano a integrarsi e a accettare se stessi. Se tornano a casa, oltre a subire la persecuzione e il delitto sociale, sono accusati di tradimento e di spionaggio, e finiscono spesso in galera.
Abu Mazen, in questo momento di scontro con gli Usa, rilancia la battaglia estrema dell'Islam che intende l'omosessualità come una malattia occidentale.
Un'inchiesta della Bbc rivela altissimi livelli di omofobia nel Medio Oriente e nel Nord Africa. Solo il 5 per cento dei Palestinesi accetta una relazione tra persone dello stesso sesso. Per essere un gay esplicito nel mondo islamico devi essere un eroe.
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