Ora Renzi corteggia Prodi l'arma impropria anti Cav

Il premier riceve a Palazzo Chigi il Professore. Il messaggio a Berlusconi: o dai l'ok a riforme e Italicum o mando al Quirinale il nemico, che ci porta dritti alle elezioni

Ora Renzi corteggia Prodi l'arma impropria anti Cav

Due ore vis-a-vis a Palazzo Chigi, con Graziano Delrio (emiliano e buon amico del Professore) a fare da «facilitatore» del dialogo tra due personaggi mai entrati in grande sintonia.

Poco dopo pranzo, lo staff del premier ha ufficializzato la notizia: Romano Prodi era a colloquio con Matteo Renzi. Un incontro, come rivelava ieri mattina La Stampa , chiesto dallo stesso premier via sms una settimana fa. Ben prima, dunque, dell'Assemblea Pd di domenica, durante la quale Renzi ha strapazzato un po' l'Ulivo prodiano.

La notizia dell'incontro ha subito fatto fibrillare il Palazzo, già entrato in piena sindrome pre-Quirinale. I partecipanti giurano e spergiurano che non se ne sia parlato, che anzi non si sia toccato «alcun tema di politica interna», come precisa seccamente Prodi. Si è fatto un ampio giro d'orizzonte sulla politica internazionale e i suoi focolai di crisi e sull'economia europea. Con un riferimento preciso, oltre che all'Ucraina, anche a quella Libia dove Prodi da tempo si era candidato a fare da mediatore, per conto dell'Onu. Rimproverando ai governi italiani (quello di Renzi incluso) di non averlo sostenuto per quel ruolo. «Ma non è vero», dice il ministro Boschi. Libia o non Libia, comunque quello di Prodi resta uno dei nomi in pista per il Colle. Persino il renziano Ernesto Carbone dice che lo voterebbe volentieri. Ma non è certo il nome in cima alla lista di Renzi, che domenica ha mandato un messaggio chiaro su come intenda giocare la partita: scegliere un «candidato di garanzia», con una maggioranza più larga possibile, seguendo il famoso «modello Ciampi». «Non c'è nessun accordo con Fi, sceglieremo un nome e lo proporremo agli altri partiti», dice la Boschi. Ma non c'è dubbio che, col colloquio di ieri, il premier abbia voluto anche inviare un segnale al principale interlocutore dell'opposizione, ossia Berlusconi: Prodi esiste, è chiaramente in lizza, e se fai saltare l'intesa su riforme e legge elettorale rischia di diventare inesorabilmente il candidato Pd. «Se Berlusconi rompe i patti, quello di Prodi diventa il primo nome per il piano B, e Renzi - volente o nolente - dovrà metterci il suo timbro: le pressioni dalla sinistra Pd, Repubblica e la nostra stessa base, che lo vede come la vittima dei 101, sarebbero insostenibili. E Prodi, naturalmente, punta tutto su questo scenario», spiegano in casa renziana.

L'incontro a Palazzo Chigi serve dunque anche come arma di pressione sul Cavaliere: Prodi, è l'avvertimento dei renziani, sarebbe inevitabilmente il presidente della Repubblica che porta ad elezioni anticipate. È quel che Berlusconi vuole? Di qui a metà gennaio, quando presumibilmente cadranno le dimissioni di Giorgio Napolitano, il premier vuole incassare passi avanti decisivi: il voto sulla riforma del Senato a Montecitorio e l'approvazione di un Italicum blindato al Senato. Altrimenti si aprirà l'Armageddon, che ha il volto bonario di Prodi sullo sfondo. I (pochi) prodiani del Pd non nascondono la diffidenza verso Renzi: «Se sta a Palazzo Chigi è merito di Prodi e del suo Ulivo», sottolinea Sandra Zampa, ex addetta stampa del Professore e deputata Pd.

Nel Pd, la minoranza che tifa per lo scenario-Armageddon plaude: da Fassina a Civati a Boccia, tutti si affannano a dire che è «positivo» il ritorno in campo di Prodi e il suo incontro con Renzi.

Al quale Bersani rifila una frecciatina velenosa: «Chiede lealtà al Pd? Non da tutti i pulpiti si possono accettare prediche su questo». Quanto al Patto del Nazareno, «non è obbligatorio ma ampiamente facoltativo, anche sui numeri». La battaglia del Colle è iniziata.

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