L'Italia fa un passo verso Visegrad. È una grande esibizione di reciproca simpatia e amicizia l'incontro di Milano fra il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini e il premier ungherese Victor Orban, leader del gruppo di quattro Paesi euroscettici e chiusi all'immigrazione. Un po' vertice di Stato, un po' incontro «solo politico» - come si affrettano a precisare i 5 Stelle - il testa a testa fra Salvini e Orban si tiene in una sede istituzionale, la prefettura di Milano, protetta da un ingente dispositivo di agenti, messi in campo per scoraggiare eventuali teste calde, vista anche la sfida dei centri sociali, lanciata in rete e poi fallita. Sette camionette separano l'ufficio del governo, in corso Monforte, dalla piazza San Babila in cui alcune migliaia di militanti di sinistra e sindacati si sono radunati per protestare e testimoniare, in nome di una «Europa «senza muri». Alle 17 la piazza si riempie e alle 17 in punto il corteo di auto ungheresi attraversa il portone di palazzo Diotti. In mezzo a una folla di giornalisti, Salvini in completo blu e barba incolta si avvicina e lo accoglie in modo caloroso e informale, scusandosi forse di qualche incertezza protocollare: «Victor, sorry», sorride.
Un'ora di incontro e poi il punto stampa. I complimenti si sprecano. «Salvini - dice Orban - in Ungheria gode di un rispetto rilevante, se partecipasse alle elezioni ungheresi vincerebbe». Ammette di averlo definito «il mio eroe», lo considera «un mio compagno di destino». Clima di totale sintonia è sulla difesa dei confini «esterni» dell'Europa. Salvini - spiega Orban - «cerca di dimostrare che i migranti possono essere fermati e per questo coraggio noi lo stimiamo, lo sosterremo in qualunque cosa possiamo e gli dico avanti così». «Se uno va avanti e non si fa impressionare - aggiunge - riusciamo a dimostrare che questo è possibile e che i confini possono essere difesi».
Più complicato, invece, delineare un asse sui ricollocamenti, ovvero sulla redistribuzione dei migranti sbarcati, anche con la Diciotti. Orban non ne vuole sapere. Alla fine del suo pranzo nel quartiere di Brera, Orban ha glissato: «Comprendiamo la richiesta» ha ammesso, ma non la riteniamo ragionevole. Ed emerge il possibile paradosso di un'alleanza fra due posizioni «sovraniste». Orban, d'altra parte, è cauto anche su una possibile uscita dal Ppe. E anche Salvini derubrica l'idea di una «Lega delle Leghe»: «Stiamo lavorando - spiega - a un'alleanza che escluda i socialisti e le sinistre e porti a centro le identità che nostri movimenti rappresentano». Sicuramente, a unire Orban e Salvini c'è l'ostilità per il presidente francese Emmanuel Macron. Al Parlamento europeo - spiega il premier - «la situazione è semplice: c'è un campo guidato da Macron», «a capo della forza europea che sostiene la migrazione», «dall'altra ci siamo noi che vogliamo fermare l'immigrazione illegale. C'è un grosso dibattito anche nel Ppe, vorremmo prevalesse la nostra posizione».
E mentre apre a «solidi rapporti economici e finanziari» con la Cina, Salvini ricorda che l'Ungheria ha una flat tax sulle imprese (al 9%) e sulle famiglie, così il Pil cresce e la disoccupazione cala. «Un caso da studiare».
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