"Quei gruppuscoli hanno ottenuto la pubblicità di cui erano alla ricerca. Questi eventi mi hanno scosso (anche se non intimidito)". Vittima di violente contestazioni all'università di Bologna, Angelo Panebianco non si arrende e in un lungo editoriale sul Corriere della Sera risponde con le parole ai collettivi che lo hanno attaccato e interrotto durante le sue lezioni.
"È molto sgradevole sentirsi dare dell’assassino, del guerrafondaio, di quello che specula sui morti ammazzati", scrive, "Ed è patetico (e anche triste) sentire slogan e vedere cartelli con sopra scritto fuori i baroni della guerra dall’Università. Patetico, perchè costoro nemmeno sospettano quanta muffa e quante ragnatele ci siano in quegli slogan".
Secondo Panebianco, del reso, l’articolo sulla Libia per il quale è stato aggredito "era una constatazione di fatto, basata sull’evidenza storica". "Ma distinguere fra giudizi di fatto e giudizi di valore non è evidentemente una cosa alla portata di tutte le menti", aggiunge, "Questi individui si sono permessi di mettere in discussione la mia integrità professionale. Sono particolarmente fiero del fatto che mai mi è scappato un commento politico di fronte agli studenti".
E ancora: "Se riescono a imporsi quelli che considerano l’altro un nemico anzichè un avversario, allora la democrazia è agonizzante", scrive il professore, "In Italia il ’68 non fu un semplice anno: fu invece un decennio che si concluse solo nel 1978 con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, quando la rivoluzione immaginaria e parolaia finì e arrivarono quelli che facevano sul serio. Qualche cascame o residuo di quell’interminabile decennio è ancora tra noi".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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