Quando facciamo suonare il suo cellulare l'avvocato Antonio De Rensis è alla buca 18. Cerca, dopo mesi duri e difficili, di rilassarsi un po', di liberare la mente dalle tossine accumulate durante la preparazione di un'indagine difensiva molto delicata. «In verità forse mi conveniva restare a casa, perché sono riuscito a giocare pochissimo».
Per dirla con un linguaggio molto caro al nostro presidente del Consiglio, l'avvocato De Rensis per certi versi assomiglia a un «rottamatore»: non vuole mandare a casa nessuno ma smontare teorie e ricostruzioni fatte dieci anni fa, quello sì. E grazie ai suoi nove mesi di lavoro, di indagini e alla perizia di parte effettuata dal medico-legale, il professor Francesco Maria Avato, la ricostruzione originaria sulla fine tragica di Marco Pantani è stata smontata pezzo per pezzo.
Ci vorranno mesi, per arrivare ad una nuova fase di questa storia che in dieci anni non ha finora trovato la vera parola fine. E una verità.
Al momento il bandolo della matassa è nelle mani del procuratore Capo di Rimini Paolo Giovagnoli e in quelle della pm Elisa Milocco. «È esattamente così - spiega l'avvocato De Rensis -, ci vorranno mesi di lavoro, anche perché ovviamente sono tantissime le cose che la dottoressa Milocco dovrà esaminare. Bisognerà solo avere pazienza».
Si parte dalle accuse di mamma Tonina, che non ha mai creduto al suicidio del figlio, ai nove mesi di indagini condotte dall'avvocato Rensis, trascorsi a recuperare carte e materiale di ogni tipo e studiandole successivamente con assoluta minuzia e passione. «Il tutto è concentrato in centodieci pagine, dense di dati e osservazioni», puntualizza il legale.
Lui, però, non se la sente di stilare una graduatoria tra le tante incongruenze che nella sua inchiesta ha portato alla luce. «Mi creda, non voglio apparire per quello che vuole eludere ad una legittima curiosità o a una domanda, ma si fa fatica a dire quali di queste incongruenze possa essere più decisiva rispetto ad altre. Vedrà, sono e saranno tutte decisive perché concatenate l'una all'altra».
Paolo Gengarelli, il pubblico ministero della prima inchiesta, non si è soffermato molto su questo nuovo capitolo della storia tragica di Marco Pantani, limitandosi a dire stizzito che «non sono abituato a commentare le notizie, come del resto dovrebbero fare in tanti». L'avvocato De Rensis, non esita a rispondergli: «Anche noi cerchiamo di parlare con i fatti. Anche noi cerchiamo di rispettare le indagini. Ma soprattutto noi vogliamo raccontare che all'epoca dei fatti non sono state prese le impronte digitali; che il video dei carabinieri dura 51 minuti mentre il girato è di due ore e cinquantasei minuti e via elencando. Non mi sembra di parlare di atti dell'indagine. Mi sembra solo di evidenziare cosa è stato fatto o meglio, non è stato fatto all'epoca. Anche noi staremo zitti nel momento in cui si tratterà di affrontare le cose da fare, ma queste sono fatti accaduti in passato ed è giusto portarli alla luce. Se il silenzio è luminoso ha un senso, i silenzi con le ombre a me non piacciono neanche un po'».
L'avvocato De Rensis è capace di attaccare, ma si dimostra abile anche in fase difensiva. Quando gli chi chiede se ha un'idea di chi abbia ucciso Marco, si chiude a riccio.
«Se sia stata una persona o più persone che fanno sempre parte del giro dei pusher? Se si tratta di persone fuori da questi giri? La prego, non mi chieda nulla. Sui nomi non mi esprimo. Non posso e non voglio».
Più morbido all'ultima domanda: ma se la pm Milocco, alla fine dovesse decidere di chiudere il tutto con un nulla di fatto, quale sarebbe la sua reazione. Si griderebbe al complotto? «È una eventualità che non voglio nemmeno prendere in considerazione.
Ho grande fiducia nel procuratore Capo Paolo Giovagnoli e nella dottoressa Elisa Milocco. Il procuratore capo è un galantuomo e la dottoressa Milocco - che ho conosciuto da poco - mi ha dato l'idea di essere una persona molto rigorosa. Quindi...».
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