Il limite tra saggezza e banalità è labile, forse non esiste. Lo dimostra praticamente ogni dì il Papa, che non ci fa mancare il pane (spirituale) quotidiano attraverso dichiarazioni pubbliche. Da quando è salito al soglio pontificio, questo signore mezzo italiano e mezzo argentino è un fiume di parole. Ne ha dette tante e alcune memorabili. Per esempio: se un tizio offende la tua mamma, tu che fai? Gli tiri un pugno sul muso.
Può succedere. A me hanno dato spesso del figlio di buona donna, sottintendendo altro, e ho sempre fatto finta di niente. Sono un pugile scarso, probabilmente privo dell'aggressività necessaria per passare a vie di fatto. Vabbè, le questioni personali è meglio lasciarle da parte.
E veniamo all'ultima uscita papale papale: «L'amore ha bisogno del contatto fisico, concreto; quello virtuale, oggi di moda, che nasce e si sviluppa attraverso i social network è vuoto, insignificante e trasforma chi lo coltiva in una specie di museo, qualcosa di statico e infruttuoso». Egli ha usato termini un po' diversi dai miei per rivestire il concetto che ho riassunto. Ma l'importante è la sostanza, e la sostanza è questa. Ciò precisato, rimane da domandarci: nel caso specifico, ha ragione Bergoglio oppure ha esagerato nel condannare i sentimenti tecnologicamente espressi? Secondo me, stavolta ci ha azzeccato in pieno.
In effetti constatiamo che i giovani (quelli sotto i 40 anni) vivono col display sotto il naso, comunicano via Internet, il loro breviario è il computer o l'iPad o una diavoleria simile. La piazza del paese non è più di moda, sostituita dallo schermo elettronico dove s'intrecciano relazioni tra soggetti che non si conoscono de visu. Essi usano conversare e confidarsi picchiettando su tastiere silenziose. I loro pensieri illuminano il video, ma non accendono l'animo di chi li riceve. Un conto è il colloquio fra una ragazza e un ragazzo seduti sulla panchina di un giardinetto (lei che guarda lui negli occhi e viceversa), un altro è che si scambino opinioni e sensazioni mediante freddi strumenti tecnologicamente avanzati (fino a un certo punto). La distanza fisica non è colmabile da frasi contorte, comunque difficilmente spontanee e sincere, affidate a meccanismi inventati per agevolare comunicazioni rapide e di lavoro, ben diverse da quelle sentimentali che invece richiedono cura per le sfumature e il dettaglio.
Sono d'accordo con Francesco: l'amore, eterno o precario che sia, ha bisogno di ben altro per essere autentico e toccare le corde del cuore. Non ci s'innamora di un'ipotesi, di un uomo o di una donna immaginati, astrattamente desiderati e mai sfiorati con la mano. Serve di più per palpitare e trasformare un rapporto da virtuale a reale. Occorre la realtà palpabile, occorrono un sorriso e un abbraccio, senza prescindere dalla presenza in carne e ossa di due persone che si attraggono e sperano di fondersi come natura impone.
Perfino l'amore cosiddetto ideale, d'impronta dolcestilnovistica, si nutre di osservazioni dirette dell'oggetto ambito: la fantasia non è sufficiente a creare l'incantesimo della passione.
Se è vero che la femmina è nata da una costola del maschio, è fatale che l'una e l'altro tendano ad ammaliarsi e conquistarsi materialmente per accoppiarsi per sempre, almeno nelle intenzioni (poi sarà quel che sarà). Un'operazione, questa, che non può avvenire per via digitale, ma solo per esperienza sensibile, carnale. L'amore è vita, la simulazione fa rima con illusione e disillusione.
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