New York La Francia tassa i colossi del web e volano scintille con gli Stati Uniti di Donald Trump. A surriscaldare gli animi è la digital Tax approvata dal Parlamento di Parigi, un'imposta del 3% ai big dell'hi-tech come Google, Amazon, Facebook e Apple, che porterà nelle casse statali 400 milioni di euro nel 2019 e 650 nel 2020. La cosiddetta «Taxe Gafa» riguarda quelle aziende il cui fatturato derivante dalle attività digitali supera i 750 milioni di euro a livello globale, di cui 25 milioni riconducibili a utenti situati nel territorio francese. La mossa ha fatto infuriare l'amministrazione Trump, che sino all'ultimo ha tentato di indurre Parigi a fare retromarcia, definendo la digital Tax «un danno ingiusto e sproporzionato» per le imprese americane, avviando un'indagine e minacciando nuovi dazi come rappresaglia.
Il rappresentante degli Usa per il Commercio, Robert Lighthizer, ha annunciato mercoledì sera l'apertura dell'inchiesta, spiegando che «gli Stati Uniti sono molto preoccupati del fatto che la digital Tax colpisca ingiustamente le imprese americane». «Il presidente ha ordinato che analizziamo gli effetti di questa legge e determiniamo se è discriminatoria, irragionevole, e se grava o limita il commercio del nostro paese», ha detto. L'ufficio di Lighthizer ha poi precisato che gli Usa hanno il diritto di «rispondere alle pratiche commerciali sleali condotte da un Paese straniero», suggerendo che potrebbe esserci una ritorsione da parte di Washington. D'altronde si tratta dello stesso tipo di inchiesta che Trump ha voluto prima di imporre i dazi alla Cina, accusata di furto di proprietà intellettuale. Immediata la risposta di Parigi attraverso il ministro dell'Economia, Bruno Le Maire: «Credo profondamente che tra alleati possiamo e dobbiamo risolvere le nostre differenze attraverso mezzi diversi dalle minacce», ha affermato. Sottolineando che «la Francia è un Paese sovrano che prende e continuerà a prendere decisioni sovrane sul suo regime fiscale».
Intanto anche la Gran Bretagna sta vagliando un progetto per tassare i colossi del web. L'iniziativa è stata illustrata a Westminster dal viceministro del Tesoro e Paymaster General, Jesse Norman. La proposta del Regno Unito - che deve ancora passare al vaglio parlamentare ed essere confermata dal prossimo governo - prevede tuttavia di incidere solo su specifici servizi digitali come motori di ricerca, social network, e-commerce, sui quali il cancelliere dello Scacchiere uscente, Philip Hammond, aveva preannunciato fin da ottobre di voler elevare la tassazione al 2%.
«Le grandi aziende del web oltre i 560 milioni di euro di fatturato annuo dovranno pagare una tassa proporzionale al numero di utenti britannici», ha aggiunto Norman, assicurando che il progetto è «mirato, proporzionato e concepito per mantenere il sistema fiscale in quest'area equo e competitivo, in attesa di un accordo internazionale a più lungo termine».
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