Immaginate una forma di Parmigiano-Reggiano, coi suoi quaranta chili di bontà, etto più etto meno. Poi immaginate la sua crosta lucida e dorata, punzonata dalle scritte e dai simboli che ne certificano l'autenticità. Poi... ehi, ma che cos'è quella? Una placchetta con un immagine di un uomo grasso e sofferente. E una scritta che la didascalizza: «Il Parmigiano Reggiano nuoce gravemente alla salute». Oppure: «Il formaggio rende diabetici».
Praticamente un incubo.
Eppure potrebbe andare davvero a finire così. L'Oms, l'organizzazione mondiale della sanità, ha messo nel mirino le malattie non trasmissibili ma assai omicide come il diabete, il cancro, l'infarto. Una vera e propria guerra santa, anzi sana: del resto sono le maggiori cause di mortalità al mondo, solo il cancro in un anno si porta via quasi nove milioni di persone e sbianchetta oltre 200 milioni di anni di vita potenziali. E le malattie cardiovascolari fanno pure di peggio, nemico pubblico numero uno. Wanted.
L'organizzazione dell'Onu ha deciso che entro il 2030 le morti per questi fattori dovranno diminuire di almeno un terzo. E tutti facciamo il tifo, ci mancherebbe. Morire meno piace a tutti. La data fatidica è il prossimo 27 settembre, quando all'Onu si discuterà di malattie non trasmissibili e si metterà ai voti una risoluzione che potrebbe prevedere elevate imposte e dissuasori di acquisto come i terrorizzanti avvisi tipo Marlboro sui cibi accusati di favorirle.
Però. Però nella black list dell'Oms, oltre a tanto junk food, rischiano di finire anche alcuni dei gioielli del made in Italy agroalimentare come il Parmigiano Reggiano, bocciato per una presenza di sale leggermente superiore alla quantità consigliata. E come il Prosciutto di Parma, l'olio extravergine d'oliva, la pasta, la pizza. Alcune hit della dieta mediterranea così amata in tutto il mondo come elisir di lunga vita che vengono demonizzate da un giorno all'altro perché non abbastanza magri. Parificati al catrame delle sigarette che ci bituma i polmoni. Parificati alla Coca-Cola anzi peggio. Perché già oggi in alcuni Paesi che hanno adottato l'etichetta a semaforo (rosso=proibito, giallo=con moderazione, verde=a volontà) la bevanda di Atlanta nella versione light o zero ha il via libera mentre quasi tutti prodotti dop italici sono stoppati.
Un po' come scoprire da un giorno all'altro che Marion Cotillard è una racchia. Mentre l'ex compagna di scuola con l'alito pestilenziale vince la corona di miss Universo
Poi magari non se ne farà nulla, la risoluzione Onu andrà messa ai voti e i fan della pizza e del prosciutto sono tanti e poi passare da un pronunciamento dei parrucconi di New York a una legge nazionale o comunitaria non è automatico, ma intanto vuoi mettere il danno d'immagine?
I produttori sono terrorizzati. In ballo c'è un export gustoso che vale 41 miliardi di euro l'anno e che sperano di aumentare, e già il Ceta non aiuta.
Il ministro dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio ieri nel corso di un'intervista al network radiofonico della Cei InBlu Radio, ha parlato di «pazzia pura» e ha promesso «una battaglia molto dura», chissà se salviniana. «C'è la volontà ha detto il signor ministro di ridimensionare i prodotti italiani. Siamo sotto attacco. Ma il nostro obiettivo è quello di far capire al mondo che l'enogastronomia italiana è di qualità. Non voglio assolutamente fare un passo indietro. Non posso pensare che i nostri prodotti come il Grana Padano, il Parmigiano, il Prosciutto di Parma o l'olio vengano considerati come i prodotti chimici che spesso vengono venduti nei supermercati americani».
Si indigna anche Riccardo Deserti, direttore del consorzio Parmigiano Reggiano. Che ricorda: «Il Parmigiano Reggiano si produce oggi come nove secoli fa».
E ammonisce: «Le sue proprietà sono molteplici e tutte legate alle qualità intrinseche del prodotto: alta digeribilità, elevato contenuto di calcio presente in forma particolarmente biodisponibile, assenza di additivi e conservanti, ricchezza di minerali, piacevolezza e gradimento organolettico». Un'altra grattugiata, grazie.
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