Non sono solo i giudici a essere comprensivi verso i «duri» dei centri sociali. Se nelle aule di tribunale gli antagonisti vengono quasi sempre condannati a pene abbastanza lievi da evitare il carcere, anche se hanno messo a soqquadro una città e aggredito le forze dell'ordine, altrettanta disponibilità incontrano spesso da parte delle amministrazioni locali che scendono a patti con loro. Affitti simbolici, bollette pagate, occupazioni tollerate, convenzioni, bandi su misura. È lungo l'elenco delle cortesie che sindaci di molte città riservano ai centri dell'ultrasinistra, anche quando sono documentati i loro rapporti con violenze e altre illegalità. Un rapportO in cui i sindaci impiegano risorse pubbliche per garantirsi due contropartite importanti: la pace sociale o l'appoggio elettorale. A volte tutti e due.
A scendere a patti con gli estremisti sono quasi sempre sindaci di giunte di sinistra. Ma a Torino anche la giunta grillina di Chiara Appendino sta continuando e rafforzando la liaison avviata dai sindaci Pd che l'hanno preceduta: Radio Black Out, megafono dell'autonomia e dei No Tav, è ospitata a canone dimezzato in uno stabile comunale, 569 euro di affitto. E i grillini vanno oltre: hanno candidato nelle loro liste una esponente del centro sociale «Gabrio», Maura Paoli, che si è spesa di recente in difesa dei coltivatori di marijuana scoperti dalla polizia all'interno del centro.
Da nord a sud, i casi di feeling sono numerosi. C'è chi, come il sindaco napoletano Luigi de Magistris, ostenta e rivendica (già da prima della baraonda di sabato scorso) i suoi buoni rapporti con «okkupanti» e rivoluzionari, che si sono impadroniti di una sfilza di stabili comunali con il silenzio-assenso della giunta: compreso l'ex asilio Filangieri, per il quale il Comune ha speso sette milioni per ristrutturare. De Magistris ha fatto dichiarare «bene comune» gli stabili occupati: in cambio i caporioni dei centri sociali nel settembre 2016 scortarono il sindaco a Roma a protestare contro il risanamento di Bagnoli.
Continua a tubare con gli ultras la «rossa» Bologna: i centri sociali Tpo, Xm24, Lazzaretto e Vag61 sono tutti legati da convenzioni al Comune; dopo l'ira di Dio scatenata nelle strade il 18 ottobre, il sindaco Virginio Merola ha annunciato lo sfratto di uno di loro, l'Xm24, che però ha già fatto sapere che non se ne andrà: e intanto domenica scorsa ha fatto impazzire gli abitanti del quartiere della Bolognina con un rave durato fino all'alba. La strada era stata segnata d'altronde dal filosofo Massimo Cacciari quando era sindaco di Venezia, e scese a patti con gli sfasciavetrine del centro sociale «Rivolta». Dove non ci sono convenzioni firmate, i Comuni soccorrono gli ultras pagando le loro bollette con i soldi dei cittadini o permettendo che non siano pagate. A Treviso il sindaco Pd paga le bollette del centro «Django», a Torino la Appendino paga acqua e luce al «Gabrio; a Roma la grillina Raggi non fa staccare la luce a case occupate e centri sociali che hanno accumulato - secondo un'inchiesta del Tempo - un arretrato di 12,6 milioni; a Caserta il sindaco renziano Carlo Marino ha fatto riattaccare la luce (non a spese sue) al centro sociale «Canapificio». E via di questo passo.
Si dirà: piccole agevolazioni. Ma che di fatto legittimano comportamenti fuorilegge, e non solo quando gli ultras scatenano violenze che devastano le città: ma tutti i giorni, nel commercio illegale di cibi, bevande, droghe leggere, che avviene all'interno di centri diventati aziende a tutti gli effetti (tranne a quelli fiscali).
E qui il caso più vistoso è quello di Milano, dove di sgomberare il Leoncavallo non si parla più: il patto di scambio (a spese del pubblico demanio) offerto agli autonomi dal sindaco Pisapia è ufficialmente ancora sul tavolo, il sindaco Sala non dà segni di voler affrontare la faccenda; anzi permette che uno stabile di proprietà comunale, nell'ex mercato di viale Molise, venga occupato a costo zero dal centro sociale «Macao». E gli paga pure le utenze.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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