Alle scorse amministrative i Cinque stelle hanno conquistato due grandi città italiane piene zeppe di problemi. Roma, col disastro della raccolta rifiuti e delle partecipate, e poi Torino, la città più indebitata d'Italia in rapporto alle entrate. La grillina Chiara Appendino, nuovo sindaco torinese, siede sopra una voragine, anche se il predecessore Piero Fassino vanta di aver ridotto l'esposizione del Comune da 3,3 miliardi di euro a 2,89 miliardi rispetto alla gestione precedente (sempre Pd, con Chiamparino), un «rosso» che resta comunque da record, al 300% rispetto alle entrate (fonte Openpolis), molto peggio dello Stato italiano già campione di debito pubblico. Anche perché la cifra ufficiale sbandierata dagli ex amministratori (2,8 miliardi) è frutto di una previsione di entrate per il 2016, e poi non tiene conto di altri debiti, quelli verso le società partecipate del Comune, che farebbero salire l'indebitamento totale a oltre 4 miliardi di euro come ha più volte denunciato il notaio Alberto Morano, già candidato sindaco per il centrodestra.
Il blog di Beppe Grillo, fiutando l'aria, aveva già messo le mani avanti prima del voto («In caso di vittoria del M5s a Torino non vorremmo ritrovarci a gestire i disastri causati da Chiamparino e Fassino»), la Appendino ci si è ritrovata per davvero e si è subito accorta che le entrate del 2016 erano state sovrastimate da Fassino. Non solo, nel conteggio non sono calcolati i crediti commerciali con le società del Comune, a partire da Iren Spa (si parla di 180 milioni di euro) e poi 38 milioni di euro con Gtt, la società del trasporto locale torinese di cui il Comune di Torino è azionista unico. Tutte cifre che non rientrano nel bilancio comunale, anche se poi chi ci (ri)mette i sodi è proprio il Comune.
La reale fisionomia della voragine dei conti di Torino è talmente oscura che la Appendino ha deciso di chiamare una società di revisione esterna, per periziare i conti del Comune di Torino e fare luce sui conti dell'amministrazione comunale, compresa la galassia delle partecipate. Una due diligence sullo stato finanziario del Comune, come quella che il commissario prefettizio Tronca aveva ordinato per Roma (e che fece emergere lo scandalo degli immobili comunali dati in affitto per pochi spiccioli). Ma come si è arrivati ad una passività monstre di quasi 3 miliardi di euro (o più)? L'esplosione del debito di Torino, città che dal '93 è amministrata dal centrosinistra (Ulivo, Ds, Pd), si verifica dopo il 2006, in piena stagione Chiamparino, attuale governatore del Piemonte. Tra le voci che fanno lievitare il deficit del Comune ci sono soprattutto le opere infrastrutturali connesse alle Olimpiadi invernali tenutesi appunto a Torino nel 2006. Una montagna, anche di debiti per Torino, decretato dalla Cgia di Mestre come «il Comune capoluogo più indebitato d'Italia». Il bilancio comunale, poi, è farcito di derivati, strumenti finanziari spesso usati dalle amministrazione pubbliche, ma rischiosi.
«L'amministrazione comunale a Torino ha in essere circa 800 milioni di euro di derivati OTC scritti su questo debito e paga interessi passivi che vanno dai 16 ai 18 milioni di euro annui, sarebbe di grande interesse avere copia di questi contratti» scrive su Formiche.net l'economista Chiara Oldani. Il lavoro certo non mancherà per l'advisor della Appendino.
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