Il Pd spiazzato dalla mossa del Cav. Ora pure i renziani aprono ai 5 Stelle

Cambiano le strategie della corrente più dura nei confronti del Movimento

Il Pd spiazzato dalla mossa del Cav. Ora pure i renziani aprono ai 5 Stelle

A sorpresa, proprio mentre il segretario Pd Zingaretti e i suoi fanno sapere a destra e a manca che il Pd «cresce nei sondaggi» (quello di Agorà ieri lo dava al 24,4%) e non vede l'ora di andare a votare, dal fronte renziano arriva un'imprevista apertura ai Cinque stelle.

A sparare il mortaretto è Antonello Giacomelli, già titolare delle Comunicazioni nel governo Renzi e dirigente dem della corrente Lotti-Guerini: «Se il sistema resta proporzionale - dice in un'intervista a Huffington Post - e questi rimangono i soggetti in campo dovremo porci il tema di come evitare una ininfluenza preventiva conclamata». A meno che il Pd non riesca, da solo, a prendere il 51%, sottolinea Giacomelli, «non potremo mai andare al governo da soli».

Quindi si pone il problema di con chi coalizzarsi, e tra chi «cerca la rottura con la Ue» (Salvini) e chi dialoga (Conte, quindi il Movimento cinque stelle) «il nostro giudizio non può essere indifferenziato».

Un mortaretto che fa rumore, tanto più perché il fronte renziano cui appartiene Giacomelli era quello che si era opposto in ogni modo al dialogo con i Cinque stelle cui puntava la sinistra. Si sono invertiti i ruoli? Carlo Calenda spara zero contro l'ipotesi: «Dialogo con i grillini? Facciamoci del male». E Stefano Ceccanti prende le distanze: «Di fronte alla paralisi del governo Lega-M5s non si tratta di immaginare coalizioni diverse ma ugualmente eterogenee e impotenti, anche se ne facesse parte il Pd», quanto di riaprire la battaglia per un riforma della legge elettorale che «rilanci il ballottaggio nazionale».

Ma al Nazareno gli zingarettiani, che oggi dirigono il partito, attaccano i renziani: «Ma come, ci hanno per mesi attribuito la volontà, inesistente, di fare inciuci coi grillini in questa legislatura, e ora sono loro a proporlo?». E offrono anche una lettura tra le righe dell'accaduto: a spiazzare la minoranza Pd sarebbe stato nientemeno che il Cavaliere. Già: «la mossa di Berlusconi, che mercoledì ha nominato coordinatrice per il Sud Mara Carfagna, ha mandato all'aria un lavorio di mesi svolto dietro le quinte». Il famoso «partito di Renzi», che dovrebbe nascere da una scissione del Pd per guardare al centro e ai liberali, secondo questa lettura puntava a raccogliere i voti moderati in uscita dal centrodestra a trazione Salvini. E la Carfagna sarebbe stata la ciliegina sulla torta dell'operazione: amata in Forza Italia ma molto apprezzata anche a sinistra, sarebbe stata un acquisto essenziale per dare credibilità ad un soggetto trasversale. «La corteggiavano da mesi, come capofila di un gruppo di azzurri da coinvolgere», giurano al Nazareno, ricordando le foto dell'aperitivo della Boschi in compagnia di deputati di Fi, da lei postate su Istagram. «Ma Berlusconi, con un colpo da maestro, li ha fregati».

Dal canto loro, gli uomini del nuovo segretario assicurano che, in caso di crisi, non ci sarà alcun tentativo di fare maggioranze

alternative col Pd, e che «ora» con M5s «non esiste» dialogo possibile. Mentre «nella prossima legislatura», se i rapporti di forza si invertiranno, con il Pd nettamente più forte dei grillini, un'intesa diventerà possibile.

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