Prima l'aumento, poi la stangata. Per i pensionati non c'è pace. Basta guardare l'ultima circolare Inps che da un lato annuncia gli incrementi sugli assegni e dall'altro lascia presagire l'arrivo di una amara sorpresa. A gennaio infatti la rivalutazione sugli assegni scatterà senza le penalizzazioni previste dalla legge di Bilancio. La comunicazione dell'Istituto di previdenza sociale (circolare 122/2018) diffusa il 27 dicembre parla chiaro: l'adeguamento degli assegni terrà conto della variazione dell'inflazione dell'1,1%. Inoltre il meccanismo adottato per il ricalcolo sarà basato sulla legge 388/2000 e non sui paletti imposti dalla manovra. Gli assegni avranno un adeguamento del 100 per cento fino a tre volte il minimo, del 90 per cento fino a cinque volte il minimo e del 75 per cento per gli assegni oltre questa soglia. Ma è a questo punto che arriva la doccia fredda.
L'Inps, sempre nella stessa circolare, «segnala» l'arrivo della stangata con due righe: «In previsione dell'entrata in vigore della legge di bilancio per l'anno 2019, gli incrementi per il 2019 descritti nella presente circolare potranno subire variazioni». Parole chiare che aprono le porte alle sforbiciate. Insomma a gennaio i pensionati avranno un assegno più pesante per poi perdere una parte dell'aumento ottenuto con un successivo conguaglio che recepirà le indicazioni della manovra. Vediamo dunque come cambiano gli importi con il trattamento automatico dell'Inps e con le «modifiche» apportate dalla legge di Bilancio.
Un pensionato che incassa al mese un assegno da 2.300 euro lordi a gennaio riceverà un assegno da 2.324,44 euro. Poi arriverà il conguaglio (probabilmente a marzo) e lo stesso assegno passerà a 2.319,48 euro lordi. La musica non cambia se aumenta l'importo: un assegno da 4.700 euro a gennaio sarà di 4.744,64 euro per poi scendere nei mesi successivi a 4.720,68 euro. Di fatto con i «ritocchi» voluti dal governo, per le pensioni superiori a 3 volte il minimo e inferiori a 4 la rivalutazione sarà del 97%, del 77% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo, del 52% tra 5 volte e 6 volte il minimo, del 47% oltre 6 volte, del 45 oltre 8 volte e solo del 40% oltre 9 volte il minimo. Dietro queste percentuali si nasconde la mazzata sui pensionati che porterà nei prossimi tre anni 2,29 miliardi nelle casse dello Stato. La circolare Inps però dà anche altre indicazioni: l'importo dell'assegno minimo per i dipendenti e per gli autonomi da 507,42 euro passa a 513,01 euro. Briciole per le pensioni sociali che passano da 373,33 euro a 377,44 euro, gli assegni sociali invece passano da 453 euro a 457,99 euro.
I pensionati che dovranno fare i conti con i tagli sono scesi in piazza: «Non siamo il bancomat del governo». Ma le proteste non cambieranno i piani dell'esecutivo. La falce sugli assegni entrerà in azione dopo il conforto di un finto aumento.
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