L' onda non si ferma. Un milione, due, tre. Ieri sera alle ore 19,39 eravamo a 3.365.784. Signori, ecco le cifre del «Bregret», del pentimento della Brexit, si grida da ogni dove. Quei tre-milioni-e-passa sono i britannici che hanno firmato la petizione online per rifare il referendum che ha sancito l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea sul sito del Parlamento di Londra (https://petition.parliament.uk/petitions/131215/). L'idea è quella di promulgare in fretta e furia una legge (retroattiva?) che sottoponga un referendum di tale importanza, a due condizioni: che si raggiunga almeno il 75 per cento dei votanti e che una delle due opzioni raggiunga almenno il 60 per cento dei consensi. Nessuna delle due condizioni si è verificata giovedì e quindi la partita di rigioca. Almeno questa è la volontà di quei 3.381.480 (tanti sono diventati nel frattempo) quei britannici.
Britannici? Siamo sicuri? Da ieri sul web circolano varie testimonianze di italiani che avrebbero firmato la petizione comodamente seduti nelle loro case a Bergamo o a Salerno, aumentando i numeri vertiginosi del cosiddetto «Bregret», il pentimento della Brexit. Lo abbiamo fatto anche noi. Abbiamo compilato un breve questionario che ci invitava a indicare nome e cognome, a dare un indirizzo mail, a indicare il proprio Paese di residenza e il proprio postcode. E qui abbiamo detto tutta la verità, nient'altro che la verità. In testa una sola richiesta: vistare la frase I am a British citizen or UK resident (sono un cittadino britannico o un residente del regno Unito). Noi qui abbiamo mentito. Forse ci processeranno. Forse non ci faranno più entrare nel Regno Unito. Abbiamo corso il rischio, che volete.
Quindi abbiamo contribuito anche noi alla più grande operazione di pentimento repentino della storia recente. O forse a uno dei grandi bluff della comunicazione emotiva. Magari hanno ragione loro: la commissione per le petizioni della Camera dei Comuni britannica ha annunciato ieri di aver cancellato almeno 80mila adesioni perché qualcosa non tornava nella loro firma telematica. E magari tra questi gaglioffi della democrazia ci siamo anche noi. La presidente della Commissione, Helen Jones, ci ha bacchettato metaforicamente, ha fatto sapere che si tratta di una questione «molto grave» (la cosa, ammettiamo, un pochino ci ha turbato: e se domani ci trovassimo davanti casa due policemen che chiedono di noi?) e ha fatto notare su Twitter che non si fa, che coloro che aggiungono firme false «dovrebbero sapere che questo mina la causa che sostengono di difendere». Certo i conti non tornano: 80mila firme «farlocche» (anzi, 79.999 più la nostra) sembrano davvero poche rispetto a 3.387.085 (aggiornamento fatto). E considerando la semplicità delle informazioni chieste appare davvero difficile scovare eventuali burloni o imbroglioni.
Del resto la storia di questa petizione è bizzarra sin dalla sua nascita. Fui lanciata sulla piattaforma del parlamento da Oliver Healey, un seguace del Leave il 24 maggio scorso, un mese prima del voto. In un post su Faceboook, il fan di English Democrats, formazione nazionalista inglese, racconta di aver creato la petizione «quando sembrava improbabile che il Leave avrebbe vinto, con l'intenzione di rendere più difficile al Remain». Ora invece la petizione è stata fatta propria dai sostenitori del Remain».
Una portavoce della Camera dei Comuni ha spiegato che la petizione non superava le 22 firme al momento dell'annuncio del risultato del referendum. Poi il boom.
La commissione si occuperà della petizione nel corso della sua prossima seduta e deciderà se fissare o meno un dibattito. Cosa che appare scontata dal momento che bastano 100mila firme perchè la petizione sia tenuta in considerazione. E noi siamo, ah sì, a 3.390,043.
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