Petrolio, l'Iran minaccia gli Usa: vuole bloccare il Golfo Persico

Rohani a Trump: "Se non ci farà esportare il greggio noi non consentiremo a nessun altro Paese di farlo"

Petrolio, l'Iran minaccia gli Usa: vuole bloccare il Golfo Persico

L'America dovrebbe sapere che la pace con l'Iran è la madre di ogni pace, e la guerra con l'Iran è la madre di tutte le guerre». Dopo le parole dell'ayatollah Ali Khamenei, che sabato aveva definito inutili i negoziati con gli Stati Uniti, anche il presidente della Repubblica Islamica Hassan Rohani alza i toni nei confronti di Washington. Motivo del contendere sono le esportazioni di petrolio iraniane, che Donald Trump ha promesso di bloccare nel quadro delle sanzioni imposte a Teheran dopo il ritiro degli Usa dall'accordo sul nucleare firmato tre anni fa: il mese scorso gli americani avevano fatto sapere che avrebbero reimposto sanzioni nel settore energetico all'Iran a partire dal prossimo 4 novembre.

Ma l'Iran non vuole farsi intimidire e rilancia. «Se noi non potremo esportare il nostro petrolio nessun altro Paese della regione potrà farlo. Signor Trump - ha detto Rohani rivolgendosi direttamente all'inquilino della Casa Bianca -, non giocare con la coda del leone perché questo porterebbe solo a rimpianti». In che modo intenda attuare la sua minaccia non lo ha chiarito, ma con ogni probabilità allude alla possibilità di chiudere lo stretto di Hormuz, dove transita circa il 30% del greggio mondiale che viene movimentato per mare, e a rendere difficoltosi gli spostamenti delle petroliere nel Golfo Persico.

La tensione con gli Stati Uniti è salita alle stelle dallo scorso 8 maggio quando Trump, come detto, ha annunciato il ritiro della sua amministrazione dall'intesa sul nucleare iraniano raggiunta il 14 luglio 2015 a Vienna da Obama insieme ai Paesi membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu (quindi anche Regno Unito, Francia, Russia e Cina più la Germania). In quella sede l'Iran aveva accettato di limitare il suo programma nucleare in cambio della progressiva eliminazione delle sanzioni economiche e finanziarie internazionali che gli erano state imposte. Poi però i servizi segreti israeliani hanno raccolto prove del fatto che l'Iran stava proseguendo i suoi tentativi di ottenere la bomba atomica e Trump ha battuto il pugno sul tavolo.

Oltre a Israele anche l'Arabia Saudita aveva plaudito alla decisione di «The Donald», mentre i Paesi europei e la Russia non avevano nascosto il loro malumore. L'Europa, infatti, con l'Iran ha una fitta rete di scambi commerciali e sta facendo di tutto per tenere in vita quel patto ripudiato dagli Usa. «Ogni volta che l'Europa ha cercato un accordo con noi la Casa Bianca ha seminato la discordia», ha accusato Rohani, mentre l'ayatollah Khamenei ha detto che i negoziati con gli europei vanno portati avanti.

Se Trump stia cercando di replicare lo stesso tipo di strategia messa in atto con la Corea del Nord, ossia prima andare allo scontro frontale e poi cercare una trattativa separata, non è chiaro. Se così fosse, comunque, l'ora del disgelo con l'Iran al momento sembra lontana. Proprio in questi giorni il dipartimento di Stato guidato da Mike Pompeo sta lanciando una campagna di discorsi pubblici miranti a screditare il governo di Rohani e a fomentare la rivolta interna. Ieri ad esempio Pompeo è intervenuto in California a un convegno di iraniani americani (molti dei quali fuggiti negli Usa dopo la rivoluzione islamica) con un discorso intitolato «Sosteniamo le voci iraniane».

E anche su questo Rohani ha incalzato Trump: «Prima dichiarate guerra e poi parlate della volontà di sostenere il nostro popolo, non potete provocarlo contro la sua sicurezza e i suoi interessi». Il braccio di ferro è al culmine, e se davvero Teheran decidesse di chiudere lo stretto di Hormuz il prezzo del petrolio potrebbe schizzare alle stelle.

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