Gli ultimi dati diffusi da uno studio della Uil in merito ai diversi costi della tassa sulla raccolta dei rifiuti urbani (Tari) ci offrono una rappresentazione dell'Italia che obbliga a sviluppare alcune considerazioni. La ricerca ha individuato una famiglia media (abitazione da 80 metri quadrati, quattro persone e un reddito Isee di poco inferiore ai 18mila euro) e partendo da qui ha determinato un costo medio annuo di 295 euro. Un poco meglio rispetto all'anno scorso, ma resta il fatto che negli ultimi quattro anni questa tassa è cresciuta dell'1,1%.
Quando poi si guardano da vicino i dati colpisce che, tra i capoluoghi di provincia, la tariffa più alta sia ad Agrigento, dove si paga ben 474 euro, e quella minore sia a Belluno, dove viene riscosso meno di un terzo, e cioè 149 euro. Evidentemente c'è qualcosa che non va, dal momento che se qualcuno riesce a offrire il servizio a un prezzo così inferiore, forse gli altri dovrebbero capire perché questo avviene e fare a casa propria i giusti interventi.
È allora molto positivo che questi dati esistano e che vi sia chi, come in questo caso la Uil, s'incarica di farli conoscere. In qualche modo il dettaglio della ricerca resa nota ieri ci trasmette un'Italia di bocciati e promossi: com'è giusto che sia. Se ancora il nostro ceto politico, prigionieri di logiche stataliste e interessi clientelari, appare restio ad aprire questo settore alla concorrenza e al mercato, quanto meno ora gli elettori sanno chi devono punire e che, invece, cerca di fare il proprio meglio. In un certo senso, se anche gli altri servizi pubblici (sanità, previdenza, istruzione ecc.) fossero finanziati localmente e in maniera tanto differenziata, le realtà meno efficienti sarebbero costrette a cambiare e tutti famiglie e imprese sarebbero indotti a spostarsi dove la qualità è migliore e i costi più bassi.
Guardando l'Italia nel suo insieme, a ogni modo, l'elemento fondamentale è che si paga troppo anche quando le cose non vanno così male. E questo avviene perché qui come in altri casi non c'è appunto la volontà politica di aprire alla concorrenza. Non a caso non si parla di «prezzo», ma di «tassa» (proprio in senso tecnico: intesa come corresponsione di un servizio).
Ed è evidente che se non si inizia a dare spazio alla competizione tra soggetti privati come si è fatto in campi che, analogamente a questo, si riteneva del tutto inadatti alle logiche del mercato (dalla telefonia all'energia) dovremo assistere a un'ulteriore crescita di questo balzello.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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