Il piano segreto del governo per addomesticare i militari

La legge per riorganizzare la Pa allunga il mandato dei vertici delle Forze armate. Con uno scopo preciso

Il piano segreto del governo  per addomesticare i militari

La «pax romana» in cambio di tre anni di onorato servizio ai vertici delle forze armate. É questo a cui si punterebbe nei palazzi della Difesa. Il ministero mira, infatti, ad aumentare la permanenza in carica di alcune posizioni apicali militari. É con una bozza di documento, che si sta tentando di inserire all'interno della legge Madia in materia di riorganizzazione della pubblica amministrazione e in approvazione il prossimo 15 febbraio, bozza peraltro in contrapposizione con i principi della stessa legge, che la durata di alcune posizioni passerebbe da due a tre anni. Modifiche che servirebbero a cambiare un articolo del Tuom (Testo unico delle disposizioni in materia di ordinamento militare) e che sarebbero solo il primo tentativo di blindare alcune cariche. Sarebbe, oltretutto, già pronto un decreto legge che, in caso di non approvazione dei cambiamenti da inserire nella legge Madia, assicurerebbero il risultato.

Ma di quali cariche si parla? Nel testo vigente si specifica che «gli ufficiali generali o ammiragli nominati Capi di Stato Maggiore della Difesa e di forza armata, il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il segretario generale del ministero della Difesa, durano in carica non meno di due anni». Raggiunti i limiti di età «sono chiamati d'autorità fino al termine del mandato». Nel testo del decreto legge del Libro bianco della Difesa si dice, invece, che «nell'articolo 1094, comma 3, le parole «segretario generale del ministero della Difesa durerà non meno di due anni», sono sostituite da «direttore nazionale degli armamenti e responsabile per la logistica durano in carica tre anni senza possibilità di proroga o rinnovo». Ebbene, la proposta alternativa del ministero prevede che le due figure sopra citate «non durino in carica meno di tre anni».

In questo modo si va a prevedere una durata superiore all'attuale per i mandati dei vertici in relazione ai limiti di età, mascherato col fatto che non si facciano più proroghe. Insomma, sembra quasi che quelle appena fatte al comandante generale dell'Arma Tullio Del Sette, al capo di Stato maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano e a quello dell'Esercito, generale Danilo Errico altro non siano che anticipazioni di questa norma in gestazione. D'altra parte, il ministro vorrà ora accontentare gli altri vertici che le stanno rendendo la vita facile e che quando vedranno scadere i loro mandati, il prossimo anno, lei potrebbe non essere più in grado di supportare perché, secondo indiscrezioni di palazzo, punterebbe a fare in futuro il sindaco di Genova.

Il fatto che si stia ora cercando di frazionare e infilare nelle pieghe di altri strumenti legislativi queste modifiche, starebbe sollevando un polverone a tutti i livelli in seno al mondo militare. Qualcosa di simile fu, infatti, già tentato a fine 2015, quando la Pinotti, col precedente governo, cercò forzosamente di piazzare alcune nuove norme, sulle commissioni di valutazione e avanzamento degli ufficiali, in un decreto urgente sulle operazioni militari. Una commistione di priorità che nascondeva un preciso interesse che, però, fu bloccato proprio dall'interno. Il rischio è, infatti, che il ruolo delle forze armate venga sempre più sminuito a discapito dei militari stessi.

É in un comunicato del Cocer carabinieri, dei giorni scorsi, che il malcontento è tangibile. Si chiede, infatti, che si abbattano «i costi dei dirigenti e la rimodulazione delle proporzioni numeriche».

Peraltro, chi ha letto la bozza di ddl anticipa novità tutt'altro che rassicuranti.

Tra queste la possibilità di sostituzione di alcuni vertici chiave della Difesa con figure provenienti anche dall'esterno. Insomma, l'attuazione del famoso piano per smilitarizzare le forze armate e rendere politico ciò che è da sempre istituzionale.

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