Il «Vaffa» è tornato a echeggiare. A dieci anni dalla sua prima, oceanica apparizione nel V-Day, è stato rievocato senza preavviso dal suo inventore, il patron Grillo, che ha convocato «un presidio permanente davanti Montecitorio». I numeri non sono quelli del 2007, ma da tutti gli angoli dello Stivale almeno una rappresentanza di «indignati» si è mobilitata contro quella legge che, attaccano, «vorrebbe metterci fuori gioco». Così, mentre la Camera dà il via libera alla prima fiducia con 307 sì, le anime belle del 5 Stelle dicono «no». E non solo. Gli epiteti si sprecano, un po' come le dirette Facebook con cui gli accoliti del Movimento riprendono, uno a uno, tutti gli onorevoli pentastellati, che si avvicendano al microfono. C'è quello che vorrebbe dare delle «merde» ai colleghi che voteranno la fiducia ma non può farlo «perché temo l'espulsione», quello che agita una bottiglia di vino rosato e dice «noi il Rosatellum non ce lo beviamo» e la senatrice «hippie» che dice di vergognarsi quando la chiamano onorevole perché, lei, resta «cittadina».
Alla fine di ogni intervento è il solito refrain: gridolini, ovazioni, persino lacrime di commozione. Ma chi sono questi provetti arringatori? Il bello è che, qui, nessuno lo sa. «Scusi, chi è quell'onorevole che parla adesso?». Ci sentiamo rispondere «Boh». Non una, ma decine di volte. C'è persino chi commenta con disappunto la presenza di Rocco Casalino, ex concorrente del «Grande Fratello» e oggi capo della comunicazione del M5s, e dice: «Una vergogna che gente del genere si faccia vedere nella nostra piazza». Roba da pazzi, soprattutto per chi contesta «la legge dei nominati» e difende «le preferenze» ma, poi, non le saprebbe esprimere. Eppure un uomo sulla cinquantina, che si fregia d'esser «un grillino della prima ora», spiega: «Questo è il bello del Movimento, non importa il nome, importa l'onestà». Ed è proprio la parola «onestà» una delle più strillate, ora che le beghe giudiziarie di alcuni nomi eccellenti della galassia grillina scivolano in secondo piano perché c'è da «difendere la democrazia». La folla tiene duro fino all'arrivo del duo magico Di Maio e Di Battista che ringraziano coralmente «la piazza di tutti», una piazza che ha la pretesa di rappresentare il popolo e non solo uno schieramento. Lo smentisce Francesco Puttilli, presidente dei Forconi: «Appena siamo arrivati ci hanno intimato di ammainare le nostre bandiere». Perché? «Dicono che è la loro manifestazione».
Esperienza diversa per i «compagni» di Rifondazione passati di lì, prima di raggiungere il Pantheon, dove si tiene la manifestazione analoga ma indetta da Mdp. «Noi, le nostre bandiere, le abbiamo sventolate ma precisano la nostra piazza è un'altra». Quella su cui affaccia il «tempio di tutti gli dei», oggi, trasformato in ritrovo di nemici e transfughi del Pd. A fare gli onori di casa è l'ex segretario dem Pier Luigi Bersani che attacca subito Gentiloni: «Un presidente del Consiglio che dice non mi occuperò della legge elettorale e poi mette la fiducia su una legge che non è del governo perde credibilità». Mentre la votazione sulla seconda fiducia sta per cominciare, si guarda già oltre. Sperando che il voto finale, quello della prossima settimana al Senato, «fermi questo obbrobrio».
Quando la lunga giornata di ottobre sta per finire Roma è una scia di luci e di traffico, di gente che torna a
casa dal lavoro indifferente ai destini del Rosatellum. Se a Montecitorio c'è stato golpe costituzionale nessuno se ne è accorto. Ma Grillo ne approfitta per riaccendere il suo popolo e D'Alema e Bersani per sentirsi vivi.
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