Le dichiarazioni di circostanza sono caute e, come si conviene, piene di se e di ma: «È solo un primo passo, l'inizio di un percorso, servono fatti e non parole, vogliamo discontinuità», e blablabla.
Ma in casa Pd si mostrano abbastanza sicuri di aver rotto il ghiaccio con l'amletico Pisapia, che avrebbe finalmente dato il suo avallo ad un'alleanza di centrosinistra modello mini-Ulivo. L'ex sindaco di Milano si è incontrato ieri con il tenace mediatore del Nazareno, Piero Fassino. Il primo accompagnato da Bruno Tabacci e Luigi Manconi (parlamentari uscenti e - nelle loro speranze - rientranti), il secondo dal vicesegretario Pd Maurizio Martina. Al termine, come prevede la liturgia degli incontri andati a buon fine, un comunicato congiunto in cui si parla di «percorso politico-programmatico avviato» e di «nuova stagione del centrosinistra». Per completare l'operazione (e tener buoni quei seguaci di Pisapia che sono tentati dai rassicuranti baffi ancien regime di Massimo D'Alema) ora bisognerà trovare qualche contentino «di sinistra» da offrire a Campo Progressista per far dire a Pisapia di aver portato a casa dei risultati in cambio della sua apertura. Il governo si sarebbe già detto disponibile a qualche assai piccola limatura in Finanziaria, come un'esenzione dal super-ticket per i redditi più bassi, e così Pisapia annuncia solenne che «la possibilità di cambiare il paese parte già dalla Finanziaria, già lì bisogna dare un segnale forte di cambio di rotta». Anche se la richiesta principale che arriva da Campo progressista, spiegano i ben informati, «è quella di posti sicuri in lista». E siccome i sondaggisti al momento non riescono a calcolare l'impatto elettorale di una sinistra pisapiana alleata al Pd, ottenerne non sarà facile.
Poi l'ex sindaco di Milano chiede anche che, se l'Ulivo bonsai si farà, esista «un garante della coalizione». Nell'incontro, i nomi messi sul tavolo sarebbero due: Romano Prodi e Walter Veltroni. Il senso della richiesta, apparentemente alquanto surreale, è invece semplice: Pisapia teme di essere accusato da sinistra di essersi arreso a Matteo Renzi, quindi deve raccontare che il suo interlocutore non è il leader del Pd ma un qualche «padre nobile» di lignaggio ulivista. Del resto è stato lo stesso Renzi a fare il famoso «passo di lato» delegando le trattative con le anime in pena della sinistra a Fassino e - dietro le quinte - anche al premier Gentiloni, e a Guerini sul fronte centrista. Prodi però, dicono i ben informati, non ha intenzione di fare il «garante» di alcunchè, e anzi avverte che non presenterà liste con il suo nome o dell'Ulivo. Ma chi ci ha parlato lo descrive estremamente pessimista sui destini elettorali del centrosinistra: il lavoro sulla coalizione è arrivato «troppo tardi», forse addirittura «fuori tempo massimo». E «ormai c'è poco da fare», ripete ai suoi interlocutori l'ex premier che ieri ha avuto «un cordiale colloquio con Matteo Renzi». Prodi è convinto che le prossime elezioni saranno una batosta per il centrosinistra e un successo per il centrodestra. Anche grazie ad un'operazione, come quella messa in campo da Mdp con Grasso, tutta mirata a far perdere voti al Pd e rafforzare i suoi avversari elettorali.
Con l'aiuto della Cgil, scesa in campo contro il governo per indebolire una delle carte forti del Pd, ossia Paolo Gentiloni: la rottura della Camusso sulle pensioni, spiega chi ha seguito la partita, è stata non a caso concordata con Pierluigi Bersani e Massimo D'Alema.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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