La pizza italiana? Ora ha tre capitali

Non più solo Napoli, anche Milano e Roma hanno insegne al top. Con stili diversi

La pizza italiana? Ora ha tre capitali

L a capitale della pizza italiana? Ma certo, è Milano. Ovvio no? Vabbuò, a Napoli la prenderanno male, ché già gli girano le scatole per questioni di rigori dati e non dati. Però l'affermazione è solo in parte provocatoria, perché fotografa un fenomeno sempre più prepotente: Milano in cucina si va napoletanizzando. In città è un fiorire di locali che sfornano caffè in tazzine bollenti accompagnati da un bicchiere d'acqua grande poco più di un ditale, fritti e casatielli. E pizze. Che, d'accordo, ci sono sempre state, spacciate in locali con la foto autografa di Maradona, immagini di San Gennaro e camerieri di Benevento.

La differenza ora è che a Milano negli ultimi due anni hanno aperto insegne storiche dell'arte bianca: Gino Sorbillo che ha fatto capolino in largo Corsia dei Servi tra il Duomo e San Babila, con le sue file (perché la tradizione vuole che non si prenoti ma ci si metta in paziente attesa) e poi ha bissato con l'Antica Pizza Fritta da Esterina in via Agnello. Poi Starita. Poi Da Michele, che non è però lo spin-off della leggendaria pizzeria di via Sersale a Napoli ma comunque di un ramo collaterale della famiglia. Ma Milano si gode anche tante altre insegne di alto livello: Marghe, Lievità, Dry (che propone pizze e cocktail), Briscola, Pizza Am. Roba da rendere orgogliosi perfino Totò e Peppino che in celebre film arrivavano in piazza Duomo e sembravano a loro agio come i militari italiani nella campagna di Russia.

Ma nella vicenda si inserisce anche Roma.

Depositaria da decenni di una sua propria tradizione pizzaria, con ufo bassi e biscottati serviti dopo inesorabili stanchi supplì da camerieri sbrigativi (basti dire che una delle insegne più celebri, a Trastevere, è detta l'«Obitorio»), la capitale negli ultimi anni si era riscattata diventando l'epicentro della nouvelle vague della pizza grazie a personaggi come Gabriele Bonci, Stefano Callegari, Giancarlo Casa ed Edoardo Papa. E ora chi glielo dice a napoletani e romani che c'è anche Milano? La pizza ha tre capitali. Teniamocele strette.

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