È un doppio bilancio quello che Giuseppe Conte consegna sui due governi da lui presieduti, sconfessandone uno ed esaltandone l'altro. La conferenza stampa di fine anno è anche l'occasione per sancire la svolta sull'immigrazione. E su quei decreti sicurezza che il Conte I aveva approvato con l'accordo di Lega e M5s e che il Conte II ora è determinato a cambiare. Provvedimenti che l'ala sinistra del Pd ha sempre voluto scardinare inserendo l'obiettivo nell'agenda giallorossa. A gennaio, promette il premier, la maggioranza affronterà il nodo delle modifiche, ma riguarderanno solo quanto già segnalato dal Quirinale, assicura. Conte però deve mediare tra le posizioni di Luigi Di Maio, il quale aveva chiarito che «la ratio dei decreti non si tocca», e quelle di una parte del Pd che ne chiede la totale abrogazione. Sul tavolo ci sono le osservazioni critiche trasmesse dal Quirinale, tra cui la «irragionevolezza» delle multe fino a un milione di euro alle ong che violino il decreto sicurezza.
«Uno dei 29 punti programmatici riguarda l'intervento sui decreti sicurezza per recepire le preoccupazioni espresse dal presidente Mattarella. Adesso potremo lavorare e sarà uno dei temi dell'incontro di gennaio», spiega Conte, attento a non sconfessare la linea di Di Maio: «Quei decreti contengono un contenuto normativo molto utile che va preservato. Ribadire una sovranità marittima è sacrosanto così come lo è contrastare l'immigrazione clandestina. Uno Stato sovrano decide chi entra».
Ma il premier rivendica soprattutto il cambio di passo sui migranti, attaccando l'ex ministro dell'Interno Salvini: «Il tema dell'immigrazione è sparito un po' dai radar. La propaganda può tenere accese le luci dei riflettori su un tema in modo strategico, ma stiamo ottenendo risultati per certi versi anche migliori: abbiamo 98 ricollocati al mese contro gli undici al mese del precedente esecutivo. L'Italia chiuderà il 2019 con meno di 12mila sbarchi. Il 2018 è stato chiuso con circa il doppio». Ma la questione sull'immigrazione è un'altra, per Conte, che ingrana una decisa inversione di marcia rispetto ai tempi del governo con l'alleato leghista. Il punto «vero» è l'integrazione, riflette, lanciando un asse con l'alleato dem, a quello stesso Nicola Zingaretti che aveva già definito il premier un «punto di riferimento per i progressisti». «Il tema vero - spiega il presidente del consiglio - è che se abbiamo delle persone che non vengono minimamente integrate nella comunità nonostante abbiano diritto a rimanere sul territorio e a ottenere l'asilo, è una grande sconfitta. È qui la peggiore insidia cui si espone la comunità nazionale perché possiamo anche continuare a coltivare la propaganda ma lo vediamo tutti che abbiamo bisogno anche dei migranti. I migranti sono quelli che ci aiutano in tante attività che molti nostri concittadini non sono più disponibili a svolgere, non abbiamo sufficienti forze lavoro. Adesso dobbiamo lavorare per processi di integrazione più efficaci».
Quegli stessi processi che erano stati ridimensionati con Salvini al Viminale, riducendo le
risorse al comparto accoglienza. Col placet del premier. E ieri la nave Alan Kurdi della ong tedesca Sea Eye con a bordo 32 persone tra cui 10 bambini ha avuto l'ok dal Viminale: sbarcherà a Pozzallo, in provincia di Ragusa.
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