Il premier incassa e riapre. L'appello al Cavaliere

Renzi si gode il trionfo senza replicare alle punzecchiature di Bersani: "Con le riforme avanti comunque, ma io scommetto sull'apporto di Forza Italia. Si voterà nel 2018"

Il premier incassa e riapre. L'appello al Cavaliere

«Bingo». «Capolavoro». «Trionfo». «Scacco matto». «Un fenomeno». Neppure il giorno del 40,8% alle Europee era piovuto così tanto e trasversale entusiasmo su Matteo Renzi.

Ieri non si muoveva un passo, in Transatlantico, senza raccogliere commenti di questo tenore, da destra a sinistra passando per l'abbacchiato centro. E pure dall'estero: «Dimostrazione di schiacciante abilità e forza politica» celebra il Financial Times . «È prima di tutto una nuova prova del senso tattico e politico del premier», dice Le Monde . Renzi spedisce un patriottico tweet al momento della proclamazione di Sergio Mattarella, «Buon lavoro presidente, e viva l'Italia», e poi se ne parte per Pontassieve, scegliendo il low profile. «Non abbiamo eletto un nostro supporter ma un arbitro», assicura. «Niente elezioni, si va al 2018», rassicura. E il primo messaggio è per Berlusconi: «Deve decidere se soffrire nel fare riforme che condivide o offrirsi per fare riforme importanti e condividerne i dividendi con noi». Del resto, «il gesto di Forza Italia di rimanere in aula e votare scheda bianca testimonia una volontà di incontro». Insomma, come ripete da giorni ai suoi, per quanto riguarda il leader del Pd «il patto del Nazareno non si è mai rotto» e il dialogo deve continuare. Con buona pace di chi, a sinistra, già ne celebrava la fine. Quanto ad Alfano, «l'incidente è chiuso», dice ai suoi il premier, e il governo va avanti.

La ricostruzione del giorno di gloria è affidata alla «fotostoria» trasmessa via web dallo spin doctor Filippo Sensi, con lo scatto clou che immortala il premier al fianco del presidente uscente Napolitano mentre assistono davanti alla tv allo spoglio del voto. Già, perché il paradosso è che il machiavellico artefice di un trionfo che nessuno era in grado di prevedere fino a pochi giorni fa ieri non aveva neppure accesso all'aula dei Grandi elettori: Renzi non è deputato né senatore, e ieri i banchi del governo erano occupati dai «catafalchi» usati per le votazioni.

E così Renzi, lasciato Palazzo Chigi in mattinata, se ne è stato nella sala del governo, dietro al Transatlantico, a seguire le operazioni, in un via vai di ministri e dirigenti Pd. Alla vigilia, con scaramanzia, si era spinto a prevedere 620 voti sul suo candidato, alla fine ne ha incassati quasi 50 in più. L'unica sortita è stata per un caffè con il ministro Gentiloni alla buvette, dove è andato a salutarlo anche il berlusconiano Giovanni Toti: stretta di mano, sorrisi, chiacchiere e il premier che si esibisce in una «perfetta» (parola di Guido Crosetto, anche lui presente) imitazione della voce del Cavaliere. Un'offensiva pubblica di simpatia dopo la rottura sul Colle.

Nel giorno del trionfo («Siamo orgogliosi di voi», è l'sms del premier e dei suoi vice ai grandi elettori Pd) Renzi si guarda bene dall'aprire polemiche interne. Ma certo non è stata apprezzata l'intervista di Pier Luigi Bersani al Corriere , zeppa di avvertimenti al premier dal capo della minoranza Pd: «Ha capito che senza di noi non si governa», la fronda sull'Italicum al Senato «è stata provvida» perché ha «fatto capire a Renzi che stava tirando troppo la corda». E comunque «questa legge elettorale non ci sta bene, chiediamo di cambiarla, niente capilista bloccati». Nessun commento ufficiale, ma i renziani bollano in privato l'intervista come «sciocca». Anche perché, spiegano, «la minoranza non ha capito che sulle riforme si va avanti come prima», con il coinvolgimento di Fi e senza alcuna intenzione di smuoversi dalle scelte fatte.

Nel clima ilare che investe il Pd, disabituato alle vittorie, gli ex Dc celebrano il «loro» Mattarella al Colle e infieriscono scherzosamente sugli ex Ds. E così i franceschiniani Giacomelli e Bressa (entrambi al governo) incrociano il capogruppo Speranza: «Scusa Roberto, ma ora che Mattarella va al Colle c'è un giudice costituzionale da eleggere.

E sarebbe un atto di generosità da parte vostra dare quel posto a un cattolico». La risposta - altrettanto scherzosa - di Speranza è irriferibile. Ma al di là delle nostalgie Dc il vincitore di ieri è uno solo, e lo definisce in un tweet il Pd Emanuele Fiano: «House of Renz».

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