Primo flop di Di Maio Governo senza Dignità

Niente coperture, reddito e flat tax fuori dalla manovra. A rischio 36mila posti di lavoro

Primo flop di Di Maio Governo senza Dignità

Il decreto dignità potrebbe avere un effetto collaterale indegno: cancellare all'istante 36mila posti di lavoro. Tanti sono gli italiani impiegati in regime di staff leasing a tempo indeterminato. Un inquadramento che, stando alle bozze del primo decreto patrocinato dal neo ministro allo Sviluppo e al Lavoro Luigi Di Maio, verrebbe totalmente abolito.

Si tratta per lo più di lavoratori qualificati con mansioni molto richieste, ma di cui le aziende hanno bisogno per periodi di tempo limitato. La soluzione è di farli assumere da agenzie di somministrazione lavoro o agenzie interinali, che poi li «prestano» all'azienda. Il lavoratore ha comunque tutte le garanzie e le tutele di un'assunzione senza scadenza, ed è l'agenzia interinale che si occupa di volta in volta di ricollocarlo. Da quando l'applicazione è stata liberalizzata, c'è stato un boom di assunzioni. L'annuncio che il decreto dignità avrebbe abolito questo regime, ha messo in agitazione Assosomm e Assolavoro, le associazioni imprenditoriali del settore. Tra l'altro, il decreto prevede anche un innalzamento della contribuzione dello 0,5% a ogni rinnovo dei contratti a tempo determinato, colpendo così anche il resto del lavoro interinale. Ieri anche Confapi, l'associazione delle piccole imprese, cioè il mondo produttivo che Di Maio ha sempre dichiarato di voler aiutare, ha espresso preoccupazione.

La norma tra l'altro non prevederebbe nessuna misura alternativa: che fine farebbero i 36mila lavoratori dello staff leasing a tempo indeterminato? Via twitter anche il giuslavorista Michele Tiraboschi boccia completamente la norma: «La IV rivoluzione industriale è una economia di rete e di collaborazione tra imprese. Prendersela con una forma evoluta e tutelata di lavoro come lo #StaffLeasing significa non aver compreso le trasformazioni del lavoro». A preoccupare è anche un discorso pronunciato pochi giorni fa ad Avellino da Luigi Di Maio: «Molto spesso a fare il caporalato sono le agenzie di somministrazione lavoro». Un paragone choc, per un settore ampiamente regolamentato, a partire dalla legge Treu e dalla Biagi, e che attualmente impiega 600mila lavoratori, producendo 1,8 miliardi di gettito Irpef e 2,8 miliardi di euro di contributi.

Perché dunque accanirsi contro le interinali? Basta dare un'occhiata ai blog grillini e al dibattito che ha accompagnato l'elaborazione dei venti punti del programma elettorale pentastellato per trovare diversi attacchi alle agenzie da molti considerate simbolo del lavoro precario, mentre invece non hanno fatto che portare alla luce e soddisfare una richiesta di lavoratori a termine, ma almeno con diritti e dignità.

Nel già citato discorso di Avellino si può trovare traccia di cosa passi nella testa del ministro, il cui vero, grande obiettivo si chiama decreto dignità. Di Maio ha ampiamente spiegato che prima bisogna riformare i Centri per l'impiego e ad Avellino ha aggiunto che forse «se li facciamo funzionare, tutto questo mondo delle agenzie interinali diventa un po' meno essenziale». Ma i rischi di colpire prima i «concorrenti» delle agenzie e rilanciare poi (se ci si riesce) i Centri per l'impiego sono alti. Tanto che molti avrebbero consigliato al ministro di lasciar stare lo staff leasing.

Di sicuro il decreto continua a slittare, con la scusa di procedure burocratiche e controlli. In realtà la pressione delle imprese e la mancanza di coperture spingono a prendere tempo. Forse lunedì si tireranno le somme. Forse.

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