Il presidente del Consiglio incaricato, il professor Giuseppe Conte, ha imposto una svolta bancaria alle consultazioni per la formazione del governo. Ieri sera, al termine della giornata di incontri con i gruppi parlamentari, ha allungato il calendario estendendolo all'associazione delle «vittime del salva-banche». «Incontrerò una delegazione di risparmiatori che hanno sofferto per il default delle banche», ha annunciato anticipando che «la tutela dei loro risparmi, prevista dalla Costituzione, sarà uno dei principali impegni di questo governo, il governo del cambiamento: chi ha subito truffe o raggiri sarà risarcito». Questa mattina, invece, Conte avrà un colloquio con il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco. Una prassi non inusuale, seguita da Matteo Renzi e, ancor prima, dai suoi predecessori nel pieno della crisi dello spread. Questa volta, tuttavia, ha una valenza totalmente diversa considerato che M5s e Lega sono spesso stati molto critici nei confronti di Via Nazionale. Nel loro contratto di governo sono, inoltre, fissati alcuni obiettivi in netto contrasto con le prerogative di Palazzo Koch e, soprattutto della Bce: dalla permanenza di Monte dei Paschi nel perimetro pubblico alla sospensione (o abrogazione definitiva) della direttiva europea del bail in.
Per il resto più che «governo del cambiamento» come l'impacciato Conte (per un lapsus freudiano ha detto «contratto» anziché «governo») ha chiamato il proprio esecutivo riprendendo la formulazione pentastellata, pare di assistere a una replica dei tiramolla della Prima repubblica quando al termine di confronti e vertici estenuanti l'incaricato utilizzava una terminologia simile a quella del prof dauno. «Desidero ringraziarli tutti vivamente per la franca e cortese interlocuzione che ho avuto con tutti loro, è stata una giornata proficua da tutti i punti di vista e ho acquisito una serie di valutazioni e sensibilità che mi saranno utili», ha dichiarato al termine delle consultazioni. Oggi, come successivamente annunciato su Twitter, si recherà dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per sciogliere la riserva e presentargli la lista dei ministri. Quella lista sulla quale il Quirinale aveva fatto trapelare nel pomeriggio le proprie perplessità per i diktat che Conte avrebbe subito dai due «contraenti» del patto di governo. Il paradosso delle consultazioni è stato sottolineato con la consueta sapidità dal deputato renziano Michele Anzaldi. «Nelle stesse ore in cui il premier incaricato Conte consulta i partiti, Di Maio e Salvini sono riuniti con i loro collaboratori per decidere la spartizione dei ministeri», ha chiosato.
L'altro particolare da Prima (ma anche da Seconda) Repubblica è che, ancor prima di partire, il premier foggiano ha già imbarcato un sostegno disinteressato (o quasi). Oltre a tre grillini espulsi gli ha garantito appoggio anche il leader del Maie, el senador Ricardo Merlo, il cui mentore Luigi Pallaro fu decisivo per il governo Prodi nel 2006. Così come suona sospetta la benevolenza dei gruppi autonomisti di Camera e Senato con Svp e Uv non pregiudizialmente ostili. «Ci faremo un'idea più precisa una volta definita la squadra dei ministri e dopo il suo primo discorso in Parlamento», hanno dichiarato all'unisono. In buona sostanza, basterà garantire i trasferimenti statali verso Bolzano e Aosta.
Il resto è storia nota: Pd, LeU, Fdi e Forza Italia s'erano collocati in anticipo
all'opposizione. La delegazione piddina ha fatto filtrare che «l'avvocato del popolo» teneva il contratto sul tavolo e avrebbe detto che se i dem avessero accettato le profferte M5s, «sarebbe stato diverso». Altro che Terza Repubblica!
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