«Sarà tutta un'altra musica». Attentissimo come sempre nell'esibire il bicchiere mezzo pieno, il premier Matteo Renzi se ne esce dal vertice di Hannover con Obama, Merkel, Cameron e Hollande presentandoci come un trionfo l'ipotesi di accordi con il nuovo governo libico per la restituzione dei migranti salvati nel Mediterraneo. E ci aggiunge le mezze promesse di un Obama disponibile «all'impiego di mezzi Nato per bloccare il traffico di uomini e scafisti». Ma dietro i calici mezzi pieni si nascondono quelli mezzi vuoti. E soprattutto quello avvelenato in cui si cela l'eventualità d'un immediato intervento militare sul suolo libico guidato dalle forze speciali di Parigi e Londra pronte ad attaccare, già nei prossimi giorni, le roccaforti dell'Isis di Sirte. Un calice particolarmente pernicioso per l'Italia perché rimanderebbe «sine die» qualsiasi prospettiva di accordo con Tripoli per bloccare i migranti in arrivo sulle nostre coste. Un calice amaro imposto all'Italia nell'ambito di quel nuovo idillio tra Barack Obama e Angela Merkel diventato manifesto proprio ad Hannover.
Certo a ben guardare, le coincidenze appaiono eccessive per essere casuali. Da una parte c'è un vertice che non ha alcuna ragione per esser organizzato se non la celebrazione del nuovo idillio tra Obama e Merkel. Ma basta per far riunire cinque capi di stato e convocare anche un Matteo Renzi solitamente escluso da ogni summit degno di questo nome? In verità ad imporre la presenza del nostro premier c'è proprio il tema della Libia. Un tema da cui non è, formalmente, possibile escludere l'Italia interlocutore privilegiato di ogni decisione sulla nostra ex colonia. Ma dietro l'apparenza formale contano, come sempre, le decisioni di alleati più potenti ed influenti. Proprio per questo la singolare concomitanza di un vertice svoltosi nello stesso giorno in cui Tripoli lanciava una drammatica richiesta d'aiuto internazionale per la difesa dei pozzi petroliferi e da Londra arrivavano le voci d'imminenti operazioni contro lo Stato Islamico guidate da forze speciali inglesi e francesi, fanno sospettare che al G5 di ieri si sia discussa di un intervento a brevissimo termine in Libia. Un intervento rivolto a difendere più gli interessi energetici di Francia ed Inghilterra, concentrati in Cirenaica, che non quelli di un'Eni in grado, ancora oggi di produrre gas e greggio agli stessi livelli dell'era Gheddafi. Un intervento contrario agli interessi di un'Italia interessata, piuttosto a un'intesa con Tripoli in grado di garantire la restituzione al mittente dei disgraziati salvati nel Mediterraneo. Un'Italia che proprio per questo antepone il raggiungimento di un accordo politico tra le fazioni libiche all'azione militare contro l'Isis.
Le norme internazionali impedirebbero qualsiasi accordo per la «riconsegna» dei migranti a un paese interessato da operazioni belliche. Ma ancora una volta Londra e Parigi potrebbero esser riuscite a far prevalere i loro interessi. E a seppellire i nostri.
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