Francesca AngeliRoma «Non c'è bisogno di essere cattolici per difendere la famiglia». Correva l'anno 2007 e Matteo Renzi, allora era Presidente della Provincia di Firenze, era decisamente schierato con i promotori del Family Day che avevano portato in piazza a Roma un milione di persone per dire no al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali. Il disegno di legge era quello sui Dico (Diritti e doveri dei conviventi) e al timone del governo c'era Romano Prodi. Renzi militava nella Margherita e oltre a prendere parte al Family Day rilasciava appassionate interviste all'Avvenire, intervenendo pure alla presentazione del libro Gesù di Nazaret scritto da Joseph Ratzinger. A rileggere oggi le sue parole di 9 anni fa risulta evidente la trasformazione del Renzipensiero sui diritti delle coppie gay. «Non ritengo quella delle coppie di fatto la questione prioritaria su cui stare mesi a discutere per poi trovare una faticosa mediazione - diceva il premier - Mi sembra un controsenso rispetto alle vere urgenze del Paese». Non solo. Renzi aggiungeva che «il tasso di laicità politica non si misura su questo tema ma sul grado di dare risposte non ideologiche ai reali problemi della gente». Per Renzi i Dico interessavano «la minoranza delle persone».Il premier però potrebbe dire che in 9 anni è lecito cambiare idea sull'urgenza o meno di riconoscere i diritti delle coppie gay. Colpisce però che possa aver cambiato idea sul significato di famiglia e anche sul peso che può avere una piazza gremita nelle scelte politiche. Durante la presentazione del libro di Ratzinger il presidente Renzi sottolineava un grande rispetto per la libera manifestazione dei cittadini. «Quando non si coglie il fatto storico di un milione di persone in piazza per il Family Day - disse - si commette un errore gravissimo». Un errore che resta tale anche con il passare degli anni. Ma forse su questo punto in realtà il premier non ha cambiato idea. La partecipazione popolare al Family Day fissato per sabato prossimo lo preoccupa molto, forse anche più delle divisioni del suo partito. Non a caso oggi il Senato si limiterà ad incardinare la discussione sul ddl Cirinnà mentre il voto per le pregiudiziali di costituzionalità e le sospensive slitta al 2 febbraio. A manifestazione conclusa. Insomma si cerca di far raffreddare l'effetto piazza prima di affrontare la discussione vera e propria che ci sarà in Aula. Ieri infatti è stato raggiunto un accordo tra i gruppi di maggioranza ed opposizione sugli emendamenti. Il Pd ha promesso di ritirare il cosiddetto canguro che serve ad aggirare tutti gli emendamenti simili accorpandoli.
Dall'altra parte Lega e Forza Italia hanno garantito che ritireranno la maggioranza dei loro emendamenti con la garanzia della possibilità di un reale confronto in Aula. «Non ci sarà né ostruzionismo né ghigliottina», garantisce il vicepresidente del Senato, l'azzurro Maurizio Gasparri.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.